Tra migliaia di reperti biologici, animali imbalsamati provenienti da tutti i continenti, conchiglie e rocce, in una vetrina ben illuminata, hanno attirato la mia attenzione dei bellissimi guanti di color bronzo, di ottima fattura e accuratamente conservati in una scatola. Di fianco, sulla stessa mensola, un guscio di una piccola ma riconoscibilissima Pinna nobilis, mi ha subito fatto intuire che quegli antichi manufatti erano certamente stati tessuti utilizzando il bisso, l’oro di Taranto proveniente dal mare.
L’associazione bisso-Taranto è stata immediata e infatti, come prevedevo, una antica targhetta attaccata alla scatola indicava proprio la nostra città come luogo di origine di di quei guanti. Ma come erano capitati,in quella raccolta di reperti di origine marina, dei guanti in bisso tarantini?
Il bisso era nel ‘700 e nell’800 una vera e propria materia pregiata, un filamento ricavato da quel grande mollusco bivalve detto Pinna (in dialetto Pala) che abbondava nei nostri mari, tanto da far nascere, sulle sponde del Mar Piccolo, veri e propri centri di lavorazione di questo particolare prodotto della pesca. I tessuti prodotti a partire dal bisso richiedevano tanto lavoro e soprattutto enormi quantità di molluschi. Il costo degli abiti e degli accessori in bisso era molto alto, tanto da farne un prodotto per principi e re.
E infatti, dal sito dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena, leggiamo che la storia di quei guanti è legata al re di Napoli Ferdinando II di Borbone che soleva acquistare guanti in bisso per farne dono ad altri sovrani. Questi guanti in particolare furono acquistati a Taranto nel 1845 e donati a Luigi Filippo, re dei Francesi che a sua volta lì regalò ad un esiliato palermitano, fino a giungere tra le mani del conte Carlo de Vecchi di Siena che nel 1864 lì donò al museo. Un documento a firma del conte ci svela l’origine dei guanti e ci testimonia che riciclare regali è stato uno sport praticato perfino dai re.