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CONOE: nessun contributo ambientale per l’olio extravergine di oliva

“L’olio extravergine d’oliva è un prodotto non suscettibile di generare un rifiuto, pertanto la legge lo esclude dal pagamento del contributo ambientale destinato al CONOE, previsto dal primo luglio per gli oli e grassi vegetali esausti”. Lo ribadisce Giorgio Cammarota, Presidente del CONOE, Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti, alla luce delle preoccupazioni sollevate negli ultimi giorni dai produttori olivicoli, che rischiano di creare inutili allarmismi.

Il contributo CONOE, infatti, non è una tassa per i frantoi, ma uno strumento di sistema per assicurare la corretta gestione dei rifiuti derivanti da olii e grassi, nonché la tracciabilità e la sicurezza della filiera agroalimentare.

La norma dell’art. 10 della legge 154/2016 che regola l’applicazione del contributo al CONOE è molto chiara nell’assicurare razionalità e l’equità del sistema. “Attenta a garantire le congruità del contributo per il recupero di tutto ciò che diventa rifiuto, a tutela dell’ambiente e della salute pubblica – spiega il Presidente – considera la necessità di assicurare la crescita e lo sviluppo del settore e delle attività imprenditoriali connesse”.

Per tali motivi il comma 3 dell’art.10 prevede che l’olio extravergine di oliva sia sempre escluso indipendentemente dalla confezione (se non vi siano ovviamente particolari lavorazioni che generano rifiuti, fatta comunque esclusione per le conserve in olio extravergine), così come gli oli di oliva vergine ed oli di oliva in confezioni fino a 5 litri.

Non è inoltre applicato il contributo ad altri oli vegetali in confezioni fino ad 1 litro; grassi animali e vegetali in confezioni fino a 500 g; oli e grassi DOP e IGP (e prodotti con questi conservati); oli e grassi e prodotti con questi conservati, oggetto di vendita diretta da parte di imprese agricole.

Per una maggiore semplificazione e per assicurare che il contributo gravi soltanto su prodotti effettivamente destinati a diventare rifiuto, inoltre, il CONOE, nel definire le procedure per la riscossione, ha riconosciuto la possibilità di procedere allo spostamento del punto di prelievo sui soggetti che effettivamente conoscono la destinazione degli oli e dei grassi, in modo da prevenire inutili pratiche di anticipazione e rimborso. E’ possibile, inoltre, adottare una procedura forfettaria, applicando il contributo solo su una percentuale del quantitativo di prodotto oggetto di cessione, sulla base della considerazione che questo è destinato a diventare solo in parte rifiuto.

“Le infondate preoccupazioni dei produttori di olio di oliva – conclude il Presidente – rischiano di sminuire l’importanza del contributo ambientale, che potrà garantire un incremento della raccolta  degli oli vegetali esausti, promuovendo la crescita dell’economia circolare e scongiurando gli impatti dannosi di questo rifiuto sull’ambiente e  sulla   salute”. Basta  infatti un  chilo di  olio  vegetale  esausto  a  inquinare una  superficie  d’acqua di 1.000 metri quadrati perché    impedisce l’ossigenazione compromettendo l’esistenza della flora e della fauna sottostanti;  se  invece  smaltiti  nella  rete fognaria, come spesso avviene nell’utilizzo domestico, gli oli vegetali esausti pregiudicano il buon funzionamento  della  rete  stessa  intasando  condutture  e  depuratori:  la  depurazione  delle  acque inquinate da questo rifiuto richiede costi quantificabili in 1,10 euro al chilogrammo . Negli ultimi cinque anni, inoltre, il valore economico mediamente generato dalla filiera CONOE è stato sempre superiore ai 30 milioni di euro ogni anno, con importanti ricadute positive in termini economici e occupazionali che ora potrebbero aumentare.

Per approfondimenti: http://www.conoe.it/

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