Spiega Rosa D’Amato: “La commissione Petizioni del Parlamento Europeo ha trovato una città aperta e consapevole. Aperta al dialogo, informata e documentata. I membri hanno discusso a fondo con la Taranto che rimuove gli ostacoli, non li aggira. Taranto città di partecipazione e condivisone, città che presenta petizioni popolari ed è capace di attrarre la Commissione preposta di Bruxelles: una politica attiva, diretta, senza stucchevoli liturgie.
Il Parlamento Ue torna dentro l’Ilva e la sua delegazione rimane sbalordita di fronte alle vacue rassicurazioni dei vertici, tuttora a cavallo tra la transizione pubblica e il nuovo proprietario. L’ AM Investco (Arcelor Mittal e Marcegaglia) non ha comprato Taranto e non gli permetteremo di svendere il futuro della città e dei tarantini! Come è possibile che l’impianto abbia il permesso di ottemperare solo all’80% delle prescrizioni AIA, gli obblighi per ridurre il suo impatto inquinante sul territorio? Peccato che nel 20% mancante permangano inattuate proprio quelle opere più importanti ai fini della cosiddettaambientalizzazione, come la copertura dei parchi minerali, cumuli di ferro e carboni che nei giorni ventosi rilasciano polveri che si sollevano nell’aria e si disperdono nell’ambiente. Tanto da obbligare i tarantini a tenere le finestre chiuse, come da ordinanza del sindaco, per evitare di respirarle.
La soluzione è solo una: si deve chiudere, ricollocando i lavoratori anche nell’opera di bonifica e con un importante impegno nella formazione. I fondi europei ci sono. E noi al Governo lavoreremo per la salute dei tarantini, che deve essere la priorità!”.
“Ci siamo trovati di fronte a una situazione di costante pericolo che ha stupito tutti i membri della delegazione. Situazione resa ancora più grave dalle dichiarazioni di Arpa: anche qualora l’impianto rispettasse tutte le prescrizioni AIA, per la sua stessa natura, è impossibile escludere qualsiasi rischio e impatto sulla salute dei cittadini. Già messa a dura prova, stando ai sempre più numerosi studi epidemiologici che dimostrano il nesso tra l’Ilva e l’insorgere di patologie gravissime nella popolazione. E’ inaccettabile anche la totale mancanza di informazioni e trasparenza della fase di transizione dello stabilimento che, dall’attuale amministrazione pubblica straordinaria guidata dai commissari governativi, passerà nelle mani di un nuovo proprietario, l’AM Investco (Arcelor Mittal e Marcegaglia), lasciando i cittadini di Taranto nella condizione di subirepassivamente per l’ennesima volta le decisioni sul futuro dell’area.
Come se non bastasse l’Ilva, al suo fianco sorge la raffineria di proprietà dell’Eni, uno stabilimento che lavora e movimenta ogni anno 6,5 milioni di tonnellate di petrolio. In questo quadro si inserisce il progetto di ampliamento per contenere e stoccare il greggio proveniente dalla nuova concessione di estrazione petrolifera in Basilicata, progetto denominato Tempa Rossa”, aggiunge Eleonora Evi.
“Alla luce di tutti questi elementi, risulta indubbiamente necessario un radicale cambiamento delle politiche per il territorio. Il modello industriale inquinante e quello energetico del fossile devono lasciare il posto a una riconversione dell’area che guardi a un futuro sostenibile e resiliente, alle vocazioni del territorio, al turismo e all’agro-alimentare, rilanciando l’imprenditorialità creativa e l’economia sociale. Il M5S ha idee e proposte per attuare tutto questo. E i tarantini si rivolgono all’Europa per salvare il loro futuro e quello dei loro figli. Perché si può e si deve fare!”, concludono le due eurodeputate M5S.
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