BARI – ThyssenKrupp, eternit, cellule staminali, mucca pazza, metodo Di Bella, calcio e sla: sono alcune delle inchieste che hanno visto come protagonista Raffaele Guariniello, magistrato in pensione e grande risorsa per il Paese. Ospite a Polignano della rassegna “Il libro possibile”, venerdì scorso in piazza dell’Orologio per presentare “La giustizia non è un sogno”, Guariniello ha accennato anche al caso Taranto: «Quando sento che i lavoratori dell’Ilva protestano per difendere il loro posto di lavoro, anche a costo della salute – ha detto rispondendo a Michele Troisi – penso che lì è villipesa la dignità dell’uomo”.
Negativa anche la sua opinione nei confronti dei politici che lodano la maggioranza dei magistrati che rimane silenziosa senza occuparsi mai di cose eclatanti. «Io temo che dietro questo approccio ci sia una distinzione tra magistrati che hanno paura anche della loro ombra e magistrati che fanno il loro dovere, a costo di finire sui giornali – ha evidenziato Guariniello – a me piace molto di più un magistrato che si occupa di processi che toccano i diritti fondamentali dei cittadini, rispetto al collega che fa questo lavoro in modo burocratico. Capisco che ci possa essere sfiducia nella magistratura, ma è un errore. In altri Paesi se li sognano i processi che facciamo in Italia. In Francia, da anni, cercano di fare un processo Eternit (amianto) ma non ci riescono perché lì i magistrati sono subordinati al potere politico. Cerchiamo di salvare le grandi conquiste che la nostra Costituzione ci ha dato. Ciò produce benefici innanzitutto per i cittadini».
Tra i processi più impegnativi narrati nel libro di Guarniello c’è quello sulle morti causate dal rogo della Thyssenkrupp. Era la notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 quando si verificò un rogo che comportò nel giro di pochi giorni il decesso di sette lavoratori. Quel processo così complesso da un punto di vista procedurale, ha rappresentato anche un importante spartiacque per la giustizia italiana.
«Non si era mai vista una condanna a nove anni e otto mesi di reclusione per un infortunio sul lavoro – ha ricordato Guariniello – anche se bisogna precisare che una parte dei condannati era tedesca e un’altra parte italiana. Gli italiani stanno già scontando la pena, i tedeschi non ancora. Questo non è affatto giusto».
La storia della Thyssenkrupp di Torino ha tanto da insegnare e ci riporta a vicende a noi vicine. «Quello era uno stabilimento destinato ad essere abbandonato – ha spiegato Guariniello – si sapeva che c’era una linea di produzione a rischio. Si erano già messi i soldi per renderla sicura, ma solo nel momento in cui sarebbe stata trasferita da Torino a Terni. E’ stato sconcertante scoprire che i lavoratori provenienti dagli stabilimenti tedeschi della Thyssenkrupp domandavano ai colleghi italiani: ma come fate a lavorare in queste condizioni? Sono elementi che ci hanno turbato profondamente».
Ancora una volta, Guariniello ha rilanciato la necessità di potenziare la magistratura. Il processo sul rogo della Thyssenkrupp si è salvato dalla prescrizione perché “sono stati impiegati solo due mesi e mezzo per fare tutte le indagini. Ciò è stato possibile perché avevamo una specializzazione. Avevamo già trattato inchieste simili. Conoscevamo gli strumenti e i metodi da utilizzare. Questo dovrebbe succedere dappertutto in Italia”. Ecco, quindi, il suo sogno ad occhi aperti: una Procura Nazionale specializzata in delitti ambientali e sui posti di lavoro. «E’ una proposta avanzata da tempo, ma forse non riesco convincere gli altri a farla perché hanno il timore che funzioni davvero». E probabilmente la verità è tutta qui. Con buona pace di chi crede nella giustizia. A cominciare dai tarantini.
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