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Ilva, Federmanager: la sfida di Taranto si chiama eco-compatibilità

La sfida di Taranto si chiama eco-compatibilità del sistema produttivo. I manager che compongono la commissione siderurgia di Federmanager, riunitasi oggi a Roma, hanno chiarito, si legge in una nota, “che l’obiettivo del rilancio della produzione di Ilva non può essere realizzato senza un piano di riassetto complessivo che punta alla modernizzazione tecnologica dello stabilimento”.

“L’adozione di nuove tecnologie eco-sostenibili implica il completo riassetto di tutto il ciclo “a caldo” dello stabilimento di Taranto e va sostenuta”, ha dichiarato Egildo Derchi, coordinatore della Commissione Siderurgia. Realisticamente, ciò significa che “oltre a una dettagliata e complessa analisi in termini sia tecnico-organizzativi sia economici, tale soluzione richiede investimenti importanti che seguano una pianificazione di medio termine che deve avanzare per moduli progressivi e attraverso l’adeguamento degli impianti dell’area a caldo”.

“L’acciaio è basilare per la nostra manifattura. Non è pensabile rinunciarvi”, ha chiarito il presidente nazionale Federmanager, Stefano Cuzzilla. “Per questo -ha aggiunto- vigileremo sul piano industriale di Ilva e ci assicureremo che i nuovi acquirenti lavorino per la competitività del sito di Taranto rispetto a tutti i player, pregiudicando il ruolo che l’Europa intera svolge sul mercato globale”. “Servono il più velocemente possibile regole certe sul piano politico e normativo su cui far convergere territori e investimenti”, ha aggiunto Cuzzilla, sottolineando l’opportunità che Federmanager partecipi alla definizione delle policies in discussione al Mise.

“Il Gruppo Ilva oggi viene escluso dai mercati più qualificanti, quali i tubi di grande diametro, le lamiere di qualità e la banda stagnata, con forti riduzioni anche delle sue quote nel settore automotive”, ha sottolineato ancora Derchi. “Quello che accade a Taranto, vale per tutte le unità produttive -ha spiegato ancora Derchi- a partire da Genova. Per questo il rilancio del sito pugliese significa per noi riconquistare una posizione strategica come sistema Paese”.

“Il management da luglio 2012 continua a guidare l’azienda tra mille difficoltà, in un contesto non favorevole, assumendosi responsabilità e oneri, anche di tipo giudiziario, trovandosi ad affrontare un sistema di equazione a più incognite dove i rischi sono sensibili”, come lo ha definito Derchi. “Servono investimenti che vanno al di là della bonifica: bisogna procedere a un riassetto infrastrutturale complessivo che renda il sito competitivo a livello più generale”, ha ribadito il direttore generale Federmanager, Mario Cardoni, aggiungendo che “senza infrastrutture e collegamenti logistici qualsiasi piano rischia di diventare rapidamente obsoleto”.

“La questione non è raggiungere i 6 oppure gli 8 milioni di tonnellate di produzione”, ha aggiunto Cardoni. “Nel 2012 -ha aggiunto- c’era già un piano che prevedeva una bonifica degli stabilimenti e, ai quei tempi, il valore di Ilva come asset aziendale si aggirava intorno a 8/9 miliardi di euro. Oggi stiamo affrontando la cessione a 1,8 miliardi di euro. Il tempo passa e il resto del mondo va avanti”.

I manager chiedono, conclude la nota, “un segnale tangibile di riconoscimento da parte di istituzioni e governo, tutele occupazionali e contrattuali, e si dicono pronti a fornire contributo per il progetto industriale che poggi sulla sostenibilità ambientale. Con un’avvertenza: senza una revisione profonda delle regole antitrust europee l’intera operazione rischia di finire come altre recenti esperienze, a partire dall’Ast di Terni”.

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