Brindisi, WWF: dati epidemiologici confermano danni alla salute
Lo Studio Epidemiologico sugli effetti delle esposizioni ambientali di origine industriale sulla popolazione residente a Brindisi, reso noto stamane dalla Regione Puglia conferma, in modo inequivocabile, gli effetti negativi del carbone e di altre lavorazioni industriali inquinanti sulla salute. A Brindisi sorgeva una centrale a carbone Edipower (ferma dal 2012), sorge ed è tuttora attiva la centrale Enel Federico II (2640 MW, quattro gruppi, a carbone) e il polo Petrolchimico.
Nell’area brindisina sottoposta ad esame si è verificato, dati alla mano, un eccesso di mortalità e morbilità riconducibile proprio agli impianti termoelettrici e al petrolchimico. Peraltro è evidente il nesso tra funzionamento degli impianti a carbone e danni sulla salute che risultano maggiori in passato quando cioè a funzionare erano due impianti a carbone e la stessa Federico II operava per un numero maggiore di ore/anno.
Il fatto che ancora oggi, malgrado il miglioramento rispetto al passato, persista un eccesso significativo di mortalità e morbilità e che tutto questo avvenga (come hanno detto i ricercatori nel corso della presentazione) nel pieno rispetto delle norme sulle emissioni, sono il segno che gli effetti dell’inquinamento tendono a permanere nel tempo e che i limiti non sono adeguati a evitare i danni. Il carbone, quindi, fa sempre male anche quando rispetta i limiti di legge sulle emissioni e questo non lo dicono gli ambientalisti ma in Puglia oggi è arrivata l’ennesima conferma dalla comunità scientifica.
“Dietro questi numeri c’è la sofferenza di moltissime persone e di un’intera comunità”. Ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia che chiede di “fissare un punto, concreto, per mettere fine a tutto questo, e costruire, da subito, alternative di sviluppo pulito e rinnovabile, molto più nelle corde di una delle Regioni più ricche di natura. Gli inquinatori, i cui nomi sono a tutti noti, ora non ingaggino la solita lotta sui numeri e le cifre, ma diano concreti e visibili segni e contributi per cambiar rotta, porre fine alle produzioni inquinati e risanare l’area”.
“Con la Strategia Energetica Nazionale c’è la concreta possibilità di cominciare a scrivere, nero su bianco la data della fine del carbone in Italia: noi chiediamo che questa data sia al massimo il 2025 – conclude Midulla -. È un’opportunità per i brindisini, per la Puglia e per l’Italia. E’ un dovere morale, perché il carbone è anche il primo killer del clima, dal quale dipendono le condizioni per la vita di tutti”.
I RISULTATI DELLO STUDIO
Anche in questo studio, come nel caso di Taranto, sono stati valutati gli effetti delle esposizioni ambientali e occupazionali sulla mortalità/morbosità della popolazione residente utilizzando il disegno epidemiologico della coorte residenziale (la coorte, nella scienza statistica e nella demografia, indica un insieme di individui, facenti parte di una popolazione predefinita, caratterizzati dall’aver sperimentato una stessa condizione in un periodo predefinito).
La coorte in studio è costituita dalle 223.934 persone, residenti tra il 1 Gennaio 2000 ed il 31 Dicembre 2010 nei comuni di comuni di Brindisi, Carovigno, Cellino San Marco, Mesagne, San Pietro Vernotico, San Vito dei Normanni e Torchiarolo. Sono stati utilizzati gli archivi anagrafici comunali per l’arruolamento delle coorti dei residenti, il Registro Regionale delle Cause di Morte, le Schede di Dimissione Ospedaliera e il Registro Tumori di popolazione. Tutti i soggetti sono stati seguiti fino al 31 Dicembre 2013, ovvero fino alla data di morte o di emigrazione.
A ogni individuo della coorte, sulla base dell’indirizzo di residenza, sono stati attribuiti gli indicatori della esposizione alle fonti di inquinamento presenti nell’area stimati mediante modelli di dispersione in atmosfera. Sono stati considerati come inquinanti traccianti: Particolato (PM10) e Anidride Solforosa (SO2) per le centrali termoelettriche mentrei Composti Organici Volatili (COV) sono stati i traccianti per il complesso petrolchimico. Per ciascun residente è stata dunque ricostruita l’esposizione analizzando le emissioni degli impianti industriali relative al periodo 1991 – 2014.
In sintesi, lo studio ha fornito i seguenti risultati:
1. Il quadro emissivo dagli impianti si è modificato profondamente nel periodo 1991-2014: si registrano valori più elevati negli anni ’90 e una diminuzione costante nelle decadi successive, anche a seguito della cessazione delle attività della centrale Edipower nel 2012.
2. Le emissioni industriali risultano associate ad un aumento della morbosità e della mortalità nell’area in studio: è stata riscontrata una relazione tra i livelli espositivi del passato (stimate al 1997) a PM10 ed SO2 di origine industriale (centrali termoelettriche) e COV (petrolchimico) e mortalità per cause specifiche (tumori, malattie cardiovascolari e respiratorie) ed incidenza di alcune forme tumorali (polmone). L’esame dei ricoveri ospedalieri in rapporto con le esposizioni ambientali stimate per ogni anno dello studio mostra un’associazione tra inquinanti e malattie cardiovascolari, respiratorie (centrali elettriche) e le malformazioni congenite (petrolchimico).
3. L’associazione tra emissioni da centrali termoelettriche e ricoveri ospedalieri per malattie cardiovascolari e respiratorie è stata esaminata per tre periodi dello studio: 2000-2004, 2005-2009 e 2010-2013:
a. L’analisi del ricorso alle cure ospedaliere per l’intero periodo di studio e considerando l’esposizione annuale ha evidenziato che alle concentrazioni più alte degli inquinanti di origine industriale, sia delle centrali sia del petrolchimico, corrispondono eccessi di ospedalizzazioni per diabete, malattie neurologiche, patologie cardiovascolari e respiratorie. L’esposizione ad inquinanti da polo petrolchimico è risultata associata a ricoveri nel primo anno di vita per malformazioni congenite, associazione non più presente nell’ultimo periodo in studio.
b. L’analisi del ricorso alle cure ospedaliere per malattie cardiovascolari e respiratorie nei tre periodi (2000-2004, 2005-2009, 2010-2013) ha mostrato effetti decisamente più marcati nel primo periodo e la presenza di un effetto residuo anche nell’ultimo periodo di osservazione, che potrebbe essere ascrivibile ad un ruolo della pregressa maggiore esposizione.
I risultati dello studio suggeriscono, oltre alla necessità di proseguire l’osservazione epidemiologica, l’attuazione di tutte le misure preventive atte a tutelare la salute della popolazione, compresa l’adozione delle migliori tecniche disponibili per il contenimento delle emissioni industriali.