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Ilva, Pugliese (Uil): che fine faranno i lavoratori dopo la bonifica degli impianti?

“Con il decreto firmato qualche giorno addietro, la cordata Arcelor-Mittal-Marcegaglia si è aggiudicata il più grande stabilimento siderurgico d’Europa, oltre agli stabilimenti di Novi Ligure, Genova, per non citare le altre strutture più piccole collegate all’Ilva. Tuttavia, a distanza di quasi un mese, le preoccupazioni e gli interrogativi restano, anzi si rafforzano, senza che arrivino risposte, che ci auguriamo vengano fornite quantomeno in occasione dell’incontro previsto per i primi di luglio con le categorie dei sindacati dei metalmeccanici”.

Aldo Pugliese, segretario generale della UIL di Puglia, ribadisce che “non si tratta sui posti di lavoro: non ci possiamo permettere di perdere altri posti di lavoro, visto che negli ultimi anni tanti, troppi, sono già andati in fumo e tante, troppe famiglie vivono in uno stato di costante incognita e angoscia rispetto al proprio futuro.

Le affermazioni rilasciate da Arcelor-Mittal, che garantisce l’occupazione per 10.000 lavoratori dell’Ilva non ci soddisfa affatto, così come sono prive di fondamento le reiterate garanzie offerte dal ministro Calenda e da altri esponenti governativi sui 5000 lavoratori in esubero. Questi ultimi – precisa Pugliese – non verranno, infatti, assorbiti dalla nuova cordata, ma confinati in una bad company che dovrebbe occuparsi delle bonifiche e dei processo di ambientalizzazione da svolgersi con il miliardo e 300 milioni recuperato dalla famiglia Riva.

La domanda è d’uopo: una volta terminati le opere di bonifica, che fine faranno quei 5000 lavoratori? La risposta è scontata: in cassa integrazione straordinaria, ovvero l’anticamera del licenziamento… E questo sarebbe il piano di rilancio di una delle aziende più competitive del settore, del fiore all’occhiello della siderurgia italiana ed europea?”.

Pugliese rilancia anche chiedendo garanzie per i lavoratori dell’appalto: “Nessuno ne parla, ma sono 3000 lavoratori in attesa di segnali che non sono mai arrivati, nonostante le tante sollecitazioni da parte nostra, né dal Governo, né dai commissari, né dalla nuova cordata proprietaria dell’Ilva.

C’è poi la questione degli investimenti ambientali e sull’impiantistica, per i quali il Segretario della UIL chiede “un’accelerazione concreta, con date certe e soprattutto credibili. Il 2024, data indicata da Arcelor-Mittal per la chiusura delle opere di ambientalizzazione e per l’andata a regime dell’impianto, è lontanissima e, appunto, ben poco credibile. Vogliamo certezze, non promesse: i tempi per l’approvazione e l’attuazione della nuova AIA si prospettano troppo lunghi, bisogna stringere i tempi, a cominciare dalla copertura dei parchi minerali.

Non basta – attacca ancora Pugliese – la disponibilità, sulla carta, di Arcelor Mittal a valutare, nelle logiche del mercato, l’impiego del preridotto di ferro negli altiforni in esercizio, opzione peraltro già sperimentata dal commissario Bondi, che non a caso è stato fatto fuori… Sappiamo tutti che per l’abbattimento degli inquinanti occorre l’impiego del preridotto di ferro negli altiforni e nei forni elettrici. Insomma, l’ennesima prova della fumosità delle intenzioni della cordata Am Investco Italy.

Infine – chiosa Pugliese – siamo sinceramente preoccupati dal fatto che nella cordata Am Investco Italy sia presente Marcegaglia. Se la storia è maestra di vita, ebbene, la storia recente ci ha insegnato che laddove è passata Marcegaglia, non è cresciuta più l’erba. Lo sanno bene i lavoratori di Marcegaglia Taranto, impiegati nei capannoni ex Belleli e Simi, acquisiti e frettolosamente dismessi per trasformarli in produttori di energia, licenziando senza troppe remore i lavoratori stessi. Peraltro, sembra che Marcegaglia abbia ripetuto la medesima operazione in altre realtà italiane, così come ci risulta che Marcegaglia non avrebbe la liquidità disponibile per partecipare all’operazione di acquisto di Ilva, ma al contrario sia indebitata, con il rischio che l’acquisizione del siderurgico sia essa stessa una mera operazione finanziaria.

Occorrono, subito, garanzie chiare da parte del Governo affinché, qualora Am Investco Italy venisse meno ai suoi impegni sul piano industriale e di ambientalizzazione, il contratto venga immediatamente rescisso per inadempienza. Del resto, Am Investco dovrà vedersela anche con l’Antitrust europea per la definizione delle quote di produzione dell’acciaio e, considerando il conclamato surplus di Arcelor-Mittal, il risultato è tutt’altro che scontato. Ci auguriamo che il conto, salato, come al solito non lo debbano pagare esclusivamente i lavoratori”.

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