TARANTO – Disorientamento, rabbia, volgarità, derisione dell’avversario, senso di impotenza, rassegnazione. Questi ultimi giorni di campagna elettorale ci offrono attraverso i Social Network l’immagine di una maionese impazzita dai risvolti assai paradossali. A contendersi la poltrona di sindaco a Palazzo di Città non sono due interpreti della discontinuità rispetto alle attuali e precedenti esperienze amministrative. Due volti nuovi alla politica, certo, quelli di Stefania Baldassari e Rinaldo Melucci, ma entrambi eredi di esperienze di centro-destra e centro-sinistra che non hanno certo brillato per efficienza, capacità di governo e lungimiranza.
Fuori dai giochi sono rimasti coloro che a nostro modo di vedere avrebbero meglio rappresentato le istanze di cambiamento di una città troppo ancorata alla monocultura dell’acciaio e incapace di pretendere delle alternative economiche credibili. Chiaro il riferimento a Vincenzo Fornaro (area ambientalista) e Francesco Nevoli (M5S), che si sono battuti fino all’ultimo con la determinazione di due novelli Davide contro i due novelli Golia. Ma è quasi impossibile competere con chi può contare su apparati di partito ben collaudati e su reti di conoscenze e di potere solo lontanamente immaginabili. A Fornaro e Nevoli l’impegnativo compito di fare una sana, grintosa ed efficace opposizione in un’aula che di opposizione “vera” ne avrà bisogno come il pane.
Alla fine, come spesso accade nelle sfide elettorali, ha prevalso chi ha imbarcato più sigle nel proprio progetto, senza farsi troppi scrupoli nell’accettare come compagni di viaggio e portatori di voti (non si sa a quale prezzo) anche personaggi dal passato e dal presente non proprio limpido. Se in vista del primo turno, a giocare meglio la carta dell’asso pigliatutto è stata la Baldassari, in questa seconda fase, è stato il Pd a muoversi con estrema ingordigia ottenendo prima l’apparentamento ufficiale di Piero Bitetti e il sostegno di Massimo Brandimarte, poi l’appoggio di Franco Sebastio.
E c’è davvero poco da meravigliarsi se l’ex procuratore della Repubblica di Taranto, grande protagonista dell’inchiesta “Ambiente svenduto”, si è fatto lusingare dalle sirene del Pd, quello stesso Pd che manovrando da Roma ha sistematicamente disinnescato – a suon di decreti salva Ilva – l’azione della magistratura pur di garantire all’Ilva i necessari livelli di produzione.
Taranto sconta decenni di rapporti ambigui e oscuri (a tutti i livelli), la presenza di troppi “signor Tentenna” pronti a salire sul carro del vincitore, l’assenza di coesione di un fronte ambientalista spesso boicottato dall’ego e dalla presunzione di figure scarsamente interessate al bene comune e alla condivisione di un progetto collegiale.
Eppure, in quel fronte ambientalista, ci sono tante risorse che in questa campagna elettorale si sono spese con grande caparbietà e spirito di sacrificio. Siamo certi che anche restando fuori dall’aula consiliare, contribuiranno a tenere viva la parte sana di una comunità solo parzialmente informata e consapevole. Nei prossimi anni, ci sarà tanto da lavorare per far lievitare quella parte sana, per renderla protagonista e attiva anche nel momento cruciale del voto, quando la matita diventa l’arma più potente per imprimere un cambiamento. E ognuno dovrà farsi carico delle proprie responsabilità, giornalisti compresi, chiamati a vigilare su ogni mossa della prossima amministrazione comunale. Di qualunque colore essa sia.
C’è tanta strada da fare. Basta frequentare una qualsiasi spiaggia del litorale ionico per rendersi conto che il ballottaggio per la scelta del nuovo sindaco rappresenta l’ultimo degli argomenti da trattare tra un tuffo e l’altro. Dopo il calciomercato, la spesa, il pranzo, gli esami di Stato dei figli, i viaggi programmati per l’estate, i gossip del momento. E poco importa se molti dei bagnanti sono precari, disoccupati, cassintegrati – mai viste spiagge così affollate anche durante la settimana – la politica ai loro occhi è una pietanza indigesta da tenere a distanza siderale.
Tutto il contrario di quanto avviene sui Social Network, dove la battaglia elettorale sembra essersi trasformata in ragione di vita e di morte per entrambi i contendenti. Ma la vita e la morte sono cose molte più serie e preziose delle loro ansie di potere. Perché in gioco, cari lettori, ci sono le ambizioni di due sistemi di potere altrettanto pericolosi, non certo gli interessi della collettività, la difesa della salute e dell’ambiente, una migliore qualità dell’esistenza. Da parte nostra, quindi, nessun invito al voto. Nessuna indicazione a favore del presunto male minore. Nessun incitamento all’astensione così tanto corteggiata dal Pd ai tempi del referendum sulle trivelle. I nostri lettori hanno la testa per decidere con equilibrio e serenità cosa fare del proprio tempo il prossimo 25 giugno. Noi restiamo dell’idea che la scelta migliore andava fatta prima. Ora è davvero troppo tardi.
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