TARANTO – Facile dire che l’avevamo detto. L’avevamo scritto e riscritto diverse volte su Inchiostroverde.it: disuniti sarebbe stato impossibile vincere. È evidente che esiste una maggioranza relativa anti sistema e che questa si fa puntualmente fregare dai soliti volponi della politica locale, più bravi nell’organizzarsi nelle battaglie elettorali.
Gli errori sono stati tanti e sarà il caso di analizzarli se si vorrà imparare una volta per tutte la lezione. Arroganza, ingenuità, sopravvalutazione delle proprie forze, egoismo, hanno caratterizzato questa sconfitta delle forze progressiste che avevano programmi e progetti molto simili tra loro, ma che non sono state capaci di fare massa critica tale da contrastare la vecchia politica, rifattasi il trucco in occasione delle amministrative.
Un esempio su tutti: se liste civiche di Vincenzo Fornaro e 5stelle di Nevoli si fossero unite in un’unica coalizione, sarebbero stati i più votati al primo turno, superando destra e sinistra che invece andranno al ballottaggio. Ad onor del vero, Fornaro ha tentato fino all’ultimo giorno utile, prima della presentazione ufficiale delle candidature, di unire i due movimenti, ma si è trovato di fronte ad un muro dei 5stelle impossibilitati, a causa di assurdi regolamenti interni, a stringere coalizioni, perfino con chi aveva un programma pressoché sovrapponibile su tanti punti.
Pensare di affrontare da soli le amministrative da parte delle forze non tradizionali, è un errore strategico fatale. Essersi basati, come hanno fatto i 5 stelle, sulle tendenze al voto nazionale, con un movimento tra l’altro indebolito da una profonda diaspora tarantina, pensando che esse potessero valere anche nelle amministrative locali, è il secondo grave errore.
È fin troppo scontato che il voto alle politiche è più libero, svincolato da quella rete di amicizie, affari, corruttele che imbriglia le amministrative a livello locale. Una disfatta per la Taranto che voleva girare pagina rispetto ai dieci anni di amministrazione Stefàno: gran parte dei consiglieri presenti nella vecchia giunta torneranno a Palazzo di Città, perpetuando politiche e alleanze ormai consolidate.
Taranto incapace di cambiare, ma non per sola colpa dei cittadini, quanto piuttosto per masochismo delle forze politiche di opposizione, spesso divise al loro stesso interno, disorganizzate, capaci di perdersi dietro sterili polemiche e protagonismi. Ciò che Napoli è riuscita a fare con De Magistris, risulta impossibile da realizzarsi a Taranto dove in troppi vorrebbero assumere il ruolo di leader della protesta, senza però avere il carisma e l’esperienza dell’ex magistrato campano.
Paradossalmente proprio il tema ambientale, predominante nella discussione politica tarantina, è stato un luogo virtuale di divisione dell’opposizione alle forze tradizionali. Visioni leggermente diverse sul futuro di Ilva e incomprensibili personalismi hanno portato alla frammentazione dell’elettorato più sensibile alla questione ambientale, disperdendo voti in più liste concorrenti che si sono annullate a vicenda.
Un esempio di divisione del mondo ambientalista, apparentemente incomprensibile, è dato dalla candidatura di Luigi Romandini e delle liste che lo hanno appoggiato. Destra e sinistra al ballottaggio, in una battaglia che durerà solo il breve tempo della seconda fase delle elezioni. Così come a livello nazionale PD e Forza Italia saranno prossimamente coesi, più o meno palesemente, nel tentativo di mantenere il governo del Paese.
Anche a Taranto vedremo, come già successo per esempio a livello di Provincia, una collaborazione non troppo nascosta tra le due forze, indipendentemente dal candidato sindaco che verrà eletto. Governo nazionale e locale fotocopia: una prospettiva alquanto triste per chi auspicava il cambiamento. Immaginiamo solo quanto ardua sarà la lotta alla grande industria con un sindaco in totale sintonia col prossimo probabile governo nazionale, frutto dell’inciucio PD-Forza Italia.
Potremmo perfino rimpiangere le letterine di Stefàno: forse non vedremo più neanche quelle. Prepariamoci quindi a nuove lotte, proteste e cortei, in un film che si ripeterà per l’incapacità, direi il dilettantismo, di alcuni protagonisti di questa stagione politica. Servirà a qualcosa questa sconfitta? Purtroppo ne dubitiamo perché il mea culpa quasi mai si pratica in politica.
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