“Taranto è la città dove le bramme d’acciaio costano il triplo. Ai normali costi legati alla produzione, vanno aggiunti quelli delle vite spezzate e delle lacrime delle madri e dei padri o dei figli rimasti soli troppo presto. Quando una bramma parte, per lasciare questa città, si porta dietro tutti i sogni infranti e giorni mai vissuti. Porta con sé gli slopping e i colpi di tosse”. E’ quanto si legge in una nota di demA Taranto, lista a sostegno del candidato sindaco Vincenzo Fornaro.
“Prima che l’Ilva diventasse per il Governo italiano un’industria strategica per la nazione ed indispensabile per il prodotto interno lordo – è scritto – i Riva si accordavano con la classe politica locale e con i sindacati, finanziando campagne elettorali e tessere sindacali. Oggi sono tutti alla sbarra per aver scelto di essere servi del signore dell’acciaio e per non aver tutelato il benessere dei cittadini. L’accusa è grave, infamante e pesante: disastro ambientale e sanitario.
E allora ti viene in mente Teresa, madre di tre figli, incontrata anni fa nel reparto di oncologia. Lei, solo 33 anni, dormiva abbracciata al suo bambino nel timore di non potergli dare abbastanza tempo. Madri a tempo determinato. Poi c’è chi di pomeriggio, non apre la sua attività commerciale, che si affaccia sulla grande piazza Gesù Divin lavoratore, perché non vuole avere l’appuntamento fisso col funerale. Quello di ogni pomeriggio, con le sue bare di varie misure.
La morte dunque è cosa di tutti, scorre sotto gli occhi inermi della gente e alla domanda “Di cosa è morto?”, la risposta è sempre la stessa “di cosa secondo te?”. Morire di tumore, a Taranto, è la normalità, e la domanda è retorica. Non c’è alternativa in questa città, non l’hanno voluta. Accanto ad un polo industriale serve una città in ginocchio per esercitare il potere del ricatto occupazionale.
Questo è stato il volere dello stato che ha scientificamente sistemato nel raggio di pochissimi chilometri il più grande siderurgico d’Europa, la raffineria, il cementificio, discariche e inceneritori. Serbatoi di veleni e di voti. È forse questo il senso “siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”? Avrebbero mai potuto essere pronti alla morte i piccoli – solo per citarne alcuni – Lorenzo, Fabiola, Sofia o Ambra? No, grazie, Taranto non è disposta a pagare questo prezzo, non più, in nome del profitto e della politica del malaffare.
Quando il sud soffre ecco che rialza la testa e diventa speranza, coraggio, lotta, iniziativa, idee, programmi e Taranto Libera! Nella foto l’immagine dell’inaugurazione del largo intitolato al piccolo Lorenzo Zaratta, 5 anni, nel comune di Modugno. A desiderare fortemente e ad ottenere quella targa è stato il dott. Agostino Di Ciaula, Segretario Scientifico e Presidente del Comitato Scientifico di Isde Italia (Medici per l’Ambiente). Perché a Taranto si può pronunciare senza tabù la parola tumore, si può morire a 5 anni per inquinamento, ma la politica non ha voluto intitolare una strada, un giardino o una piazza, ad un simbolo di tutti i bambini andati via troppo presto”.
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