LOSANNA – Ancora un rinvio nella vicenda Ilva di Taranto riguardo al blocco di 1,3 miliardi di euro su un conto svizzero, intestato alla famiglia Riva, denaro che la magistratura italiana attende per il risanamento ambientale dell’acciaieria. Il Tribunale federale (TF) ha ulteriormente rimandato la sua decisione fino al 31 maggio. Lo riporta oggi il Ticinonline.
Il TF ha accettato la richiesta presentata dai membri della famiglia Riva, ex proprietaria della società; la sospensione tuttavia non verrà prorogata oltre la data fissata, fa sapere lo stesso tribunale in una sentenza pubblicata oggi. Secondo la stampa italiana, che cita fonti giudiziarie, il denaro è attualmente custodito in sette trust dell’isola del Canale della Manica aperti dalla famiglia Riva. La nuova proroga è legata all’attesa della pronuncia della Royal Court di Jersey, che a sua volta ha fissato al 12 maggio la nuova udienza nella quale dovrà esprimersi sullo svincolo del denaro.
La terza proroga – Su richiesta della Procura di Milano, la Procura del canton Zurigo aveva bloccato nell’agosto del 2013 i fondi per il sospetto di amministrazione infedele, riciclaggio di denaro e altri delitti. Due anni dopo aveva dato il benestare al trasferimento del denaro, ma poi il TF aveva messo il veto alla procedura di assistenza giudiziaria, ritenendo che l’origine delittuosa dei valori patrimoniali sequestrati era «probabile ma non manifesta».
Il denaro – Secondo la giustizia italiana, non meno di 400 persone sarebbero morte a causa delle emissioni nocive dell’acciaieria che, fortemente indebitata e sull’orlo dell’asfissia finanziaria, era stata provvisoriamente nazionalizzata nel gennaio 2015. Il denaro, una volta dissequestrato, è destinato alla bonifica e alla decontaminazione dello stabilimento Ilva nell’ambito di un accordo raggiunto tra commissari straordinari del complesso siderurgico e famiglia Riva per porre fine ad una serie di contenziosi civili avviati tra le parti.
L’accordo in Italia – Tra i vari imputati nel processo Ilva figurano numerose personalità politiche, compreso l’ex presidente della Regione Puglia, l’ex presidente della provincia di Taranto, l’ex sindaco e tre fratelli Riva.
Nella Penisola le parti in causa hanno raggiunto un accordo per il quale devono ancora essere precisate le ultime formalità: questo il motivo per cui i giudici losannesi a metà febbraio avevano sospeso il procedimento, che era già stato sospeso in precedenza e ora per la terza volta, forse quella definitiva.
Da segnalare infine che secondo il giudice per le indagini preliminari di Milano, Maria Vicidomini, la somma di 1,3 miliardi di euro è troppo bassa. A metà febbraio ha quindi respinto la richiesta di patteggiamento avanzata da Adriano, Fabio e Nicola Riva e bocciato la cifra che la famiglia proprietaria del gruppo intende restituire, in cambio di un trattamento più morbido nella posizione giudiziaria dei tre imputati.