Andare d’accordo a Taranto: si può fare, se lo si vuole

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TARANTO – Spesso nella nostra città, ma non solo ovviamente, si registra un tasso di litigiosità ingiustificatamente elevato. Non di quelli che creano disaccordo con chi è radicalmente diverso da sè, ma di quelli che precludono perfino rapporti e cooperazioni fra persone con valori e sentimenti identici. Per questo con un pizzico di ironia, ma anche con reale speranza di cambiamento, abbiamo buttato giù un veloce vademecum su come provare ad andare un po’ più d’accordo.

No, non ci riteniamo affatto migliori di nessuno, abbiamo solo preso nota, in modo elementare ed empirico, di ciò che si potrebbe migliorare nei rapporti interpersonali e di collaborazione, ciascuno a cominciare da sé e dal proprio gruppo di appartenenza. Sullo sfondo l’auspicio, affatto celato, di rendere più efficaci le battaglie a cui siamo chiamati tutti per cambiare la triste storia imposta a questa città.

  • Unità non è solo volere che gli altri sposino la propria idea, è anche andare incontro a quelle degli altri. Anche se su qualcosa ci sono punti di vista appena differenti.
  • Il “noi” e “voi” fa tanti danni e crea recinti spesso invalicabili. Meglio, molto meglio, considerare le individualità e le idee nella loro complessità.
  • La fiducia è un elemento indispensabile per creare rapporti di collaborazione, la dietrologia li impedisce. Ci si può fidare e poi ritirare la fiducia, se tradita, non occorre deciderlo prima e per sempre sulla base di fantasiosi sospetti.
  • I distinguo servono a sentirsi migliori, a crearsi una via di fuga da situazioni che non si vuol dare la soddisfazione di sposare con convinzione. Ma le riserve non aiutano a stare insieme.
  • Credere in qualcosa che poi non va esattamente come volevi, non toglie nulla alla buona fede con cui la si è sposata in precedenza. Si può avere colpa per averci creduto? No, e ciò vale anche per gli altri, perciò meglio non giudicare frettolosamente.
  • Un’opinione contraria su qualche argomento non implica la fine di un rapporto. Non si può essere d’accordo su tutto, specie se le tesi non sono di fondamentale importanza. E’ nell’ordine delle cose, si chiama confronto, non c’è niente di male.
  • Le persone sono così come le si sono conosciute nel tempo, un errore o scelte non condivise non ne fanno persone di cui diffidare. Non occorre dimostrare qualcosa a qualcuno ogni giorno.
  • Il mondo non finisce intorno a noi, mettersi in dubbio è sinonimo di intelligenza e apertura verso gli altri e il nuovo.
  • Le differenze sono arricchimento. Provare a leggere le cose dal punto di vista altrui aiuta a considerarle diversamente, per confermare le proprie idee, così come per rivederle. Si chiama rispetto ed è fondamentale.
  • Spesso la superiorità morale che si ritiene di avere rispetto ad altri gruppi è una convinzione figlia delle nostre costruzioni, non si tratta di valutazioni oggettive.
  • La coerenza e la fermezza non sono sempre dei valori, essere aperti al cambiamento di opinione significa ascoltare meglio gli altri, rielaborare una propria convinzione. Non fa male e spesso avvicina.
  • Urlare non rende migliori le tesi sostenute, forse le fa accettare meglio da chi è insicuro, ma non è con la forza che si persuadono gli altri.
  • Mortificare gli entusiasmi altrui significa rendere il mondo un posto meno bello anche per sé.
  • Marchiare le persone con delle etichette non agevola il confronto, lo inasprisce e fa male a chi viene giudicato con facilità e, spesso, disprezzo.
  • Associazioni e movimenti sono patrimonio del territorio per il quale si spendono, non come si pensa, troppo spesso e a sproposito, strumenti di visibilità.
  • Se il gruppo non accetta di buon grado aperture verso gli altri, non bisogna aver timore di rappresentare ragioni differenti: è un gruppo o un branco? Può la ragione essere solo dalla parte delle persone che si hanno strettamente attorno?
  • Prima di mettere su un’associazione o un movimento, meglio guardarsi attorno, c’è n’è qualcuna con cui ci si potrebbe ritrovare senza creare un’ulteriore sigla?
  • La politica non è una cosa brutta, i problemi sono nati proprio da quando le persone non se ne sono occupate più, lasciando che lo facessero i più spregiudicati. Politica significa interessarsi alle cose della città e se lo si vuol fare candidandosi o meno non importa, quanto piuttosto importa farlo perseguendo onestamente il bene comune.
  • Le battaglie che servono a Taranto per cambiare sono molto più importanti dei singoli individui che le conducono. Perciò in tante occasioni è bene accantonare l’orgoglio e non perdere di vista l’obiettivo: smorzare invece di acuire le tensioni, unire anziché dividere, occorre gettare ponti e abbattere muri. Siamo tutti indispensabili in questa costruzione collettiva, ciascuno col suo mattoncino.

Condividere è una gioia e significa essere più forti tutti insieme, dove andiamo da soli?

Massimo Ruggieri

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