“I tarantini devono acquisire consapevolezza di un semplice concetto: l’Ilva senza Taranto non ha futuro; Taranto senza l’Ilva continua a vivere, anzi rinasce”. Sono le parole di Antonio Caramia, già presidente di Confindustria Taranto e vice presidente di Confindustria Puglia. In una nota stampa l’ex numero uno dell’associazione degli industriali esprime le sue considerazioni sulla gestione politica del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano.
“La provincia ionica – è scritto in una nota – con i suoi 500mila abitanti non ha un rappresentante nella giunta regionale. Dopo la rimozione di Liviano, ad inizio legislatura, il governatore ha temporeggiato rimandando la decisione. La verità è che usa l’assegnazione delle deleghe come uno zuccherino per ammansire oppositori interni alla maggioranza o al suo stesso partito. Calcolo politico, tutto qui. E che dire della sanità? L’estate scorsa in provincia di Taranto sono stati chiusi due importanti pronto soccorso. Gli ospedali scoppiano, mancano posti letto, il personale medico e paramedico è insufficiente a gestire l’emergenza sanitaria della nostra provincia, le liste d’attesa sono lunghissime. Per tutto questo dobbiamo ringraziare la Regione Puglia e chi la governa”.
“Il vero capolavoro, però, è la vicenda Ilva trampolino di lancio per la ribalta nazionale. Ma la questione è troppo seria per essere ridotta ad argomento di lotta politica. Parliamo di un’azienda che secondo i magistrati di ‘ambiente svenduto’ ha causato e causa malattie e morte. Parliamo di un’azienda accusata di ‘disastro ambientale’ le cui vere proporzioni sono ancora sconosciute. Parliamo di un capitolo che, come ho già detto in altre circostanze, va azzerato. L’Ilva va chiusa senza se e senza ma, solo così potremo arginare l’emergenza sanitaria, rilanciare l’economia, creare nuovi posti di lavoro avviando un percorso di bonifiche e risanamento del territorio”.
“Per quanto radicale, questa è la scelta più razionale per il nostro territorio. Il modello industriale incentrato sulla siderurgia è destinato ad una lunga agonia di cui già intravediamo i primi segnali come la richiesta di collocare quasi 5000 operai in cassa integrazione. Chi pagherà per gli ammortizzatori sociali?
Se invece di regalare ai futuri acquirenti dell’Ilva 1,3 miliardi di euro dei Riva, utilizzassimo quella somma per cominciare a bonificare e riconvertire l’area industriale, creeremmo miglia di posti di lavoro ed attiveremmo un circuito virtuoso di rilancio del turismo, dell’agricoltura, dell’enogastronomia, dell’artigianato, dei trasporti e della logistica, di nuove attività industriali meno impattanti”.
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