TARANTO – La manifestazione “Giustizia per Taranto” di due giorni fa ha riacceso la miccia. Non si è mai spenta davvero, nonostante i colpi subiti negli ultimi anni avrebbero abbattuto l’entusiasmo di chiunque, tarantini compresi. Il successo del corteo deve far riflettere su due aspetti: il primo è che la città risponde. Ancora, sì, nonostante l’apatia che si respira in giro. Lo fa quando percepisce la genuinità degli organizzatori, fuori dalle logiche disfattiste e litigiose; quando il manifesto di idee è chiaro, senza sofismi, senza fantasiosi progetti di ambientalizzazione (quanti ne sono passati…).
Il secondo aspetto è che quando la gente si incontra, si sfiora, marcia insieme, si scambia qualcosa che non ha nulla a che fare col freddo mondo dei tweet e dei mi piace. Soprattutto condivide informazioni. In una città che legge poco e che ha visto chiudere i giornali più seguiti, questo particolare non può passare in secondo piano. Rimasti con una informazione incanalata, soprattutto quella radiotelevisiva, potrebbe essere la strada l’ultimo vero strumento di trasferimento di informazioni che sfugga al controllo totale o parziale di chi ha già scritto (a Roma) il futuro di Taranto.
E allora serve rimanere in strada. Con un’altra manifestazione, poi con un sit in, poi un’altra ancora. Con il prossimo corteo che parta dalla città e arrivi all’Ilva. E, poco dopo, un altro che si fermi all’Arsenale, chiedendo i danni per l’inquinamento causato dalla Marina Militare, da cui si aspetta ancora la restituzione delle aree demaniali inutilizzate (vicenda su cui la politica latita). Poi un’altra manifestazione, andando a bussare all’Eni. E lo sapete che è in ballo l’ampliamento della discarica Italcave, già tra le più grandi d’Europa?
Potrebbero essere questi i prossimi obiettivi di quel gruppo di lavoro (che torna a riunirsi stasera alle 20, in via lago di Montepulciano 1, nella sede dell’Abfo) che ha reso possibile “Giustizia per Taranto” e che ora può commettere un solo errore: snobbare la strada e rintanarsi nei comodi “canali” che anestetizzano; che a uno striscione preferiscono un comunicato stampa. Quei percorsi lastricati di moderazione, di compromessi, di scarsa memoria, di vecchie incrostazioni che fanno di Taranto una città in cui, alla fine, tutti sono amici di tutti e si finisce col confondere il nemico.
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