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Ilva: giudice di Taranto riconosce risarcimento a Legambiente

Il Giudice Unico del Tribunale di Taranto Antonio Pensato ha accolto con sentenza del 23 febbraio la domanda proposta da Legambiente Comitato Regionale Pugliese Onlus, difesa dal proprio avvocato e socio Massimo Moretti, nei confronti di Emilio Riva, deceduto in corso di causa, con prosecuzione del giudizio nei confronti della curatela dell’eredità giacente, e Luigi Capogrosso, per la quantificazione del risarcimento riconosciuto a Legambiente quale parte civile nel processo penale cd. “cokerie”, conclusosi con sentenza della Corte di Cassazione n. 33170 del 9.9.2010.

Il Giudice ha ritenuto che sia emersa la prova del continuo impegno di Legambiente a tutela del bene ambiente nell’ambito della città di Taranto, con particolare riferimento alle problematiche poste dalle emissioni provenienti dallo stabilimento ILVA di cui Riva e Capogrosso sono stati dichiarati responsabili nel giudizio penale, e risarcibile il danno non patrimoniale subito quale riflesso del reato, per il pregiudizio arrecato al perseguimento degli interessi che costituiscono fine statutario dell’associazione.

“L’istruttoria svolta in giudizio”- dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – “ha fatto emergere chiaramente che il costante e notevole impegno profuso da Legambiente è stato profondamente pregiudicato dalla altrettanto costante e massiccia attività di immissione di polveri provenienti dallo stabilimento ILVA che, negli anni esaminati, non ha trovato alcuna tangibile riduzione”.

L’associazione ambientalista è infatti riuscita a provare che l’azione delittuosa di cui il Riva ed il Capogrosso sono stati riconosciuti responsabili, riguardante l’emissione dallo stabilimento ILVA di grossi quantitativi di polveri verso i quartieri cittadini circostanti atte ad offendere, imbrattare e molestare le persone ha avuto un effetto dannoso diretto nei confronti del bene ambiente ma anche un effetto dannoso riflesso sulla incessante attività di interlocuzione e di denuncia svolta da Legambiente per cercare di limitare l’attività di inquinamento dello stabilimento ILVA – fonte di attentato alla vivibilità ed integrità del territorio – di organizzazione di manifestazioni di protesta civile quale arma di pressione sui vertici aziendali e sulle istituzioni competenti per sollecitare serie misure atte a fronteggiare il degrado ambientale causato dalle immissioni giudicate contra legem in sede penale, di costituzione di parte civile nei giudizi penali riguardanti reati concernenti l’ambiente.

“L’effetto dannoso per Legambiente è stato quello di vedere sostanzialmente vanificati i propri sforzi “ aggiunge Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto “per cercare di far ritornare l’ambiente cittadino a livelli accettabili di vivibilità, qualità che sicuramente appartiene al bene ambiente la cui tutela rientra nei fini dell’associazione e si è risolta in un danno alla sua personalità ed identità. Con l’ulteriore conseguenza di ingenerare in una parte della cittadinanza la convinzione della sostanziale inutilità di tali sforzi e, quindi, della stessa associazione”.

Tale danno, di difficile prova attesa la sua natura non patrimoniale, a parere del Tribunale va risarcito per equivalente e con criterio equitativo ed è stato liquidato in sentenza nella somma di euro 30.000,00, oltre accessori, con condanna delle parti soccombenti alla integrale rifusione delle spese.

Per l’avvocato Massimo Moretti “La sentenza rappresenta un importante risultato su scala nazionale per il mondo ambientalista e per Legambiente, poiché è un provvedimento che, nel riportarsi alla prevalente giurisprudenza sia della Corte di Cassazione che del Consiglio di Stato e della Magistratura Contabile in materia di risarcimento in favore delle persone giuridiche, indica chiaramente i requisiti necessari per poter ritenere provato anche in sede civile il danno subito dall’associazione costituitasi parte civile in esito alla commissione di reati che abbiano inciso sull’ambiente. Una sentenza che offriamo al mondo delle associazioni ambientaliste perché possa costituire un precedente per simili fattispecie”.

Legambiente ha già indicato, anche in corso di giudizio, che avrebbe utilizzato a Taranto l’eventuale risarcimento che le fosse stato riconosciuto per iniziative che, sviluppando la propria ultratrentennale attività di studio, denuncia e proposta ambientalista, possano contribuire al consolidamento, soprattutto nelle nuove generazioni, di una cultura ambientalista lontana dagli stereotipi e dagli slogan e che sia capace di premiare un approccio scientifico approfondito alle tematiche ambientali.

“Pensiamo alla possibilità di istituire borse di studio pluriennali per progetti di ricerca in ambito ambientale” conclude Francesco Tarantini “ da promuoversi di concerto con l’università e con gli altri enti di ricera, ovvero di promuovere progetti e convegni di livello nazionale ed internazionale nei settori delle bonifiche, delle energie rinnovabili e della mobilità sostenibile, attività che rientrano peraltro nelle competenze e negli obiettivi sociali dell’associazione”Legambiente ribadisce oggi il proprio intendimento, augurandosi che il lungo tempo trascorso nella articolata vicenda giudiziaria (la costituzione di parte civile fu effettuata nel lontano 2005, nell’ambito del processo di primo grado “cokerie”, concluso con la sentenza del 2007 a firma del Giudice Martino Rosati, poi confermata con sentenza del 2008 della Corte di Appello e quindi con la citata sentenza della Suprema Corte del 2010, mentre il giudizio civile è stato introdotto nel 2013 ed è stato deciso nel 2017), e le vicende sociali e personali intervenute durante lo svolgimento dei processi, consentano comunque di ottenere il pagamento del risarcimento liquidato da utilizzare per la realizzazione dei progetti indicati.

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