TARANTO – Una vera e propria passione quella che impazza sui Social per le pagine che propongono foto e cartoline della Taranto d’altri tempi. Migliaia di persone iscritte a gruppi quali “Taranto dei ricordi” , “Memorie tarantine”, “Taranto com’era” , giusto per citarne qualcuno tra i più frequentati e tanti i commenti, sempre positivi, che accompagnano i vari post.
Immagini spesso sbiadite o color seppia mostrano scorci di una città che non esiste più o che risulta profondamente trasformata: strade oggi intasate dal traffico cittadino in cui transitavano le prime automobili o le ultime carrozze, zone in cui oggi troviamo moderni palazzi e che erano campagna, tratti dell’attuale Lungomare una volta occupati da stabilimenti balneari frequentati d’estate, piazze oggi utilizzate come parcheggi che erano luoghi di mercati rionali. Tutto ciò e tanto altro ci viene offerto dai vari collezionisti di immagini d’epoca.
Quasi un amarcord collettivo in formato digitale celebrato soprattutto da chi ha vissuto in gioventù nella Taranto del dopoguerra, quando gran parte della popolazione era concentrata nella Città Vecchia e nella zona dell’attuale Borgo più prossima al Ponte girevole. Sarà forse la nostalgia per quel periodo in cui si usciva dalla guerra e in cui vi erano aspettative più ottimistiche per il futuro a generare tanto entusiasmo in chi oggi rivede i luoghi così com’erano negli anni della gioventù?
Non solo nostalgia, visto che le immagini proposte piacciono anche a chi è troppo giovane per aver conosciuto direttamente la Taranto d’epoca. La verità è che era una città davvero bella quella che ammiriamo nelle foto in bianco e nero. “Taranto era più signorile, più fertile di iniziative culturali, più movimentata, con negozi più ricchi e affollati, più gente per strada, nei bar”, così si esprime, per esempio, chi gestisce il gruppo “Taranto com’era”.
Le foto dei primi decenni del secolo scorso ci mostrano la Città Vecchia ancora cuore pulsante di Taranto, con vie e vicoli affollati e con tante botteghe artigiane. La Marina con le barche dei pescatori era sicuramente luogo frequentatissimo sia per chi cercava prodotti del mare da acquistare, sia perché la pesca era tra le principali fonti di reddito per la popolazione. E poi le vie del centro ricche di vita, di negozi, di gente sorridente che aveva voglia di azzannare il futuro, soprattutto negli anni del dopoguerra, quando si gettava alle spalle sofferenza e miseria.
Un archivio storico importantissimo che i tanti collezionisti rendono generosamente visibile a tutti noi e che ci mostra l’evoluzione di una città che negli anni ha sacrificato tanto della sua bellezza e dei suoi spazi in nome di una cementificazione senza regole che ha visto sorgere palazzi di venti piani sul mare e interi quartieri che hanno strozzato irrimediabilmente la pianta urbana creando un imbuto che continua ad espandersi anche nei giorni nostri.
Abbiamo chiesto al signor Dino Pignatelli che spesso posta nel gruppo “Memorie tarantine” foto d’epoca di oggetti e luoghi del cuore di raccontarci come è nata la sua passione per questo tipo di ricordi: “Bella domanda, che naturalmente esige una risposta molto articolata. Sono nato nel 1951 in via Garibaldi, quartiere già Turripenne della città vecchia e, nei ritagli di tempo studio permettendo, girovagavo tutta la città vecchia dal basso verso l’alto e da un ponte all’altro (come il libro del mio professore/amico Giacinto Peluso). Ero innamorato di quei luoghi tranquilli … mi davano una serenità immensa. Col tempo ho poi collezionato libri sulla Taranto d’epoca che ogni tanto leggevo.
Ma il boom è stato l’avvento di Internet che, con ricerche e pazienza, mi ha regalato tante foto di una Taranto che avevo conosciuto personalmente o mi era stata raccontata (da mio nonno): finalmente riuscivo a collocare il mio pensiero con le foto. Unendo quindi foto ed esperienze di 50 anni oggi posso dire che mi sento più completo. Naturalmente sono esperienze che sto cercando di trasmettere anche agli altri, specialmente giovani, che non hanno la minima idea di com’era Taranto, delle sue usanze, delle sue credenze e del suo dialetto. Naturalmente, avendo anche esperienze d’informatica, oggi completo il tutto con una rielaborazione delle foto per farne emergere le caratteristiche”.
Bene ha fatto il signor Pignatelli a citare Giacinto Peluso, amato professore di francese scomparso nel 1997 e grande esperto di tradizioni e storia tarantina. I suoi libri, pubblicati in un periodo in cui non esisteva internet, hanno contribuito a mantenere vivo il ricordo di una Taranto ormai scomparsa e che oggi viene riscoperta da tanti. Oltre che il famoso libro STORIA DI TARANTO di Scorpione Editore, vogliamo ricordarne uno meno conosciuto è più datato: TARANTO: DALL’ISOLA AL BORGO, una versione nostrana dell’Antologia di Spoon River in cui Peluso descriveva personaggi locali dei primi decenni del ‘900.
Gente modesta, conosciuta da tutti i tarantini di quell’epoca, che sbarcava il lunario arrangiandosi con mestieri di un tempo ormai persi. Si incontravano in quegli anni lontani personaggi come Mest’Antonie de le ciucculatère, Settecammise, Padre, Vinci, il Notaio, Peppinella, il venditore d’occhiali. Insieme a Peluso ricordiamo però Nicola Caputo, storico ed esperto dei Riti della Settimana Santa, scomparso nel 2012 e anch’egli grande divulgatore di immagini e storie di una Taranto scomparsa.
Siamo certi che questi grandi amanti della tradizione tarantina vedrebbero certo di buon occhio la riscoperta del passato che i social favoriscono in questi ultimi anni. Consentiteci infine una riflessione: Taranto senza le ciminiere sullo sfondo era più bella. Per tanti di noi che sono nati sotto il fumo della grande industria, le immagini di una città libera dall’inquinamento hanno un fascino particolare che ci fa sognare un cielo blu come era quello delle foto in bianco e nero.
Foto di Dino Pignatelli
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