“L’assenza di informazioni sui piani ambientali presentati dalle due cordate interessate all’acquisto dell’Ilva, e che avevamo paventato e stigmatizzato sin dall’approvazione del decimo decreto Ilva, è intollerabile” – ha esordito così Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto intervenendo durante l’audizione della Commissione Industria del Senato svoltasi in prefettura, e segnalando che “Ai cittadini di Taranto non viene fornito nessun elemento di conoscenza, e – quindi – di possibilità di farsi un’opinione informata, ma solo le generiche dichiarazioni e rassicurazioni del ministro dell’Ambiente Galletti. Una inaccettabile secretazione”.
Legambiente ha ribadito in audizione che per l’associazione non sono ipotizzabili “sconti per favorire l’acquisto dell’azienda: le prescrizioni previste dall’Aia vanno urgentemente attuate, il diritto alla salute dei cittadini di Taranto e dei lavoratori dello stabilimento siderurgico non può continuare ad essere subordinato alla produzione di acciaio. Siamo da tempo di fronte ad una sorta di stop inferto all’attuazione dell’Aia, complice anche l’attesa dell’esito delle complesse procedure di scelta del nuovo assetto proprietario dell’Ilva”.
“Il continuo allungarsi dei tempi di attuazione delle prescrizioni previste dall’Autorizzazione Integrata Ambientale, anche in quest’ultima fase, porta impianti oggetto di sequestro giudiziario a continuare a produrre in assenza dei loro previsti adeguamenti. Non si può continuare così: non ci basta sapere che Ilva sta producendo meno” ha affermato la presidente di Legambiente Taranto “E’ necessaria un’accelerazione: c’è una maggiore patogenicità delle polveri tarantine che gli studi epidemiologici hanno acclarato da tempo e che è stata confermata anche recentemente”.
Per Legambiente “c’è un dato incontrovertibile, che non si può continuare a ignorare: Arpa Puglia, nella sua valutazione del danno sanitario del 2013, ha già evidenziato il persistere di rischi sanitari sulla popolazione di Taranto, anche ad Aia Ilva completamente attuata, nel caso si raggiungesse la capacità produttiva autorizzata di otto milioni di tonnellate/anno di acciaio con gli attuali impianti basati sul ciclo integrato e, quindi, sull’utilizzo del carbone indicando che ‘la valutazione del rischio cancerogeno inalatorio prodotto dalle emissioni in aria dello stabilimento Ilva di Taranto ha evidenziato, per lo scenario successivo all’adempimento all’aia, una probabilità aggiuntiva di sviluppare un tumore nell’arco dell’intera vita superiore a 1:10.000 per una popolazione di circa 12.000 residenti a taranto (situazione post‐aia)’. E’ per questo che ai componenti della Commissione Industria del Senato Legambiente ha ribadito che Ilva, anche ad Aia attuata, con l’attuale tipologia di impianti, può produrre forse 6 milioni di tonnellate all’anno, cosa che andrebbe comunque verificata in termini di valutazione dell’eventuale danno sanitario, non certo gli otto milioni sinora autorizzati e che l’associazione sostiene da tempo la necessità di andare oltre il ciclo del carbone, di cominciare a preparare il futuro, pensando all’introduzione di forni elettrici ed al possibile utilizzo del gas, come proposto a suo tempo dal commissario straordinario Ilva Enrico Bondi e dal sub commissario Edo Ronchi”.
“Sono queste le condizioni oggettivamente necessarie perché si possa realisticamente ipotizzare il mantenimento a Taranto della produzione siderurgica senza continuare a colpire il diritto alla salute dei cittadini e dei lavoratori dell’Ilva e senza dover fare i conti, in futuro, con altri morti, con altri malati, con altri interventi – a posteriori della magistratura. L’Ilva o si risana davvero o si chiude: lo dicevamo nel 2012, lo ripetiamo ora. Col corollario che Taranto non merita una lunga agonia e che i tarantini hanno diritto ad ottenere un giusto risarcimento per i danni che hanno subito” ha concluso la rappresentante di Legambiente che “ha poi brevemente – è scritto in una nota stampa – fatto accenno alla presentazione da parte dell’associazione di proprie Osservazioni alla Commissione Bilancio della Camera, volte a richiedere modifiche del d.l. 243/2016 per dare risposte alle richieste dei cittadini, in particolare degli abitanti del quartiere Tamburi, e a porre l’esigenza che vengano stanziate risorse adeguate per la bonifica del territorio e del mare di Taranto e che si passi dalla fase degli studi, pure opportuni, alle concrete realizzazioni, in particolare per il Mar Piccolo, tenuto conto che – allo stato – gli unici interventi effettuati hanno riguardato il rifacimento di alcune scuole e la rimozione dello strato superficiale contaminato di alcuni terreni del quartiere Tamburi”.
“Tra le proposte – conclude la nota – ricordiamo quella di un incremento degli importi resi disponibili nel D.L. 243/2016 per interventi alle famiglie in difficoltà economica dell’area di crisi industriale (Taranto, Statte, Massafra, Crispiano, Montemesola) attraverso la previsione di un contributo specificatamente destinato ai proprietari di immobili dei Tamburi per la riqualificazione del quartiere attraverso l’effettuazione di lavori di ristrutturazione delle facciate e degli impianti degli immobili”.
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