Al di là della protezione del dattero di mare, la pesca di questo mollusco bivalve è severamente vietata dalla legge per motivi ben più importanti. Molti ignorano gli incalcolabili danni ambientali che un solo pescatore di datteri produce sul fondale marino roccioso con la sua attività illecita.

Per prelevare i datteri è necessario frantumare la roccia in cui il bivalve scava dei fori dove vive nascosto. Lo strato superficiale degli scogli sommersi viene distrutto a martellate, e ogni animale o vegetale insediato sulla roccia è destinato a soccombere. Studi scientifici hanno evidenziato che la roccia devastata dai datterari non viene più ricolonizzata dagli organismi marini.

Si parla di una vera e propria desertificazione delle scogliere sommerse che permangono in uno stato impoverito, con valori di biodiversità molto bassi. La ricolonizzazione viene impedita dall’incessante azione di brucatura effettuata dai ricci di mare, in particolar modo dal riccio nero Arbacia lixula, che si alimenta delle larve appena insediate della maggior parte degli organismi che crescono sul fondo del mare.

È evidente come l’impatto della pesca del dattero sia gravissimo, tanto più se si considera che le conseguenze negative non riguardano solo gli organismi bentonici ma anche i pesci. Determinate specie ittiche, infatti, tendono a diminuire nelle aree distrutte, e questo perché non trovano più rifugio e nutrimento sulle rocce denudate e sono costrette a migrare in luoghi ancora integri.

Nonostante il rigoroso regime di tutela e il divieto di pesca, il dattero viene tuttora richiesto e pescato lungo le coste pugliesi. Per tentare di arginare questo scempio dalle proporzioni incalcolabili, è necessario bloccare i pescatori di datteri denunciandoli alla Guardia Costiera se colti in flagrante, ma anche segnalare alle forze dell’ordine pescherie e ristoranti che vendono i bivalvi sottobanco. E non meno importante è sensibilizzare chi ancora consuma i datteri, informandolo dell’enorme danno che indirettamente produce sul mare. Fin quando ci sarà richiesta, la pesca distruttiva che rende i nostri mari sempre più poveri, non avrà fine.

Rossella Baldacconi, PhD in Scienze Ambientali

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