La vita di ciascuno di noi è periodicamente costellata da eventi che vorremmo non si verificassero mai: incidenti, abbandoni, lutti, disastri, afflizioni. Ma ognuno di noi coinvolto in tutto questo ha solo due strade davanti a sé: restare immerso in ciò che è accaduto, continuando a crogiolarsi nel proprio dolore e facendone una ragione di vita, anzi un alibi per la non esistenza oppure porsi in un atteggiamento di trasformazione e comprensione di ciò che la vita voleva offrirci e farci comprendere attraverso quell’esperienza.
Sembra difficile, anzi sicuramente lo è, porsi in questa nuova prospettiva quando qualcosa dentro fa solo male. Eppure, è l’unica strada che davvero abbiamo per continuare ad adempiere al nostro compito che è quello di trarre tesoro da ogni esperienza e andare avanti, con sangue e sudore ma andare oltre e proseguire.
Una delle esperienze più importanti, fondamentali direi, che spesso l’esistenza vuole farci comprendere in un evento che noi giudichiamo solo nefasto, è quella del ritorno all’essenzialità, del risveglio della solidarietà, dell’importanza del rapporto umano, dell’ascolto e del dialogo, del soccorso, in senso lato, degli abbracci, dei sorrisi, della comprensione, del silenzio compartecipato, delle emozioni positive, quelle che fanno tanto bene al cuore e che probabilmente stiamo lentamente ma inesorabilmente perdendo.
Siamo troppo e troppo a lungo concentrati sulle divisioni, su ciò che l’altro ha fatto e ciò che noi vorremmo, e di contro anche il nostro prossimo rimane costantemente focalizzato su ciò che noi abbiamo fatto e su ciò che lui vorrebbe. Questioni materiali e futili, ci fanno perdere di vista ciò che realmente siamo e quella che è la nostra missione di vita.
I danni davvero notevoli, sia sul fisico che sulla mente, di ogni ostilità, rancore, rabbia, invidia, non riusciamo a vederli, a scoprirli, nell’immediato sia su noi stessi che sugli altri. Potrebbero passare mesi, anni, decenni, ma prima o poi, ogni azione e non azione, ogni parola o sguardo, ogni mano alzata e ogni girata di spalla chiede il conto. Non illudiamoci di esserne esonerati. E cosa ancora più importante, nessuno di noi potrebbe avere abbastanza tempo per riparare, per rimettere le cose a posto.
Dovremmo sul serio vivere come se ogni giorno rischiasse di essere l’ultimo, per noi o per chi incrocia il nostro cammino. Proviamo a pensarci, se davvero lo fosse, come ci comporteremmo? Quali parole useremmo? Quali gesti lanceremmo a chi vogliamo bene e ci vuole bene o anche a chi semplicemente si trova al nostro fianco in quel momento? Quali doni faremmo e quanto tempo dedicheremmo a quella persona? Quali esperienze vivremmo insieme, prima che diventi troppo tardi? Basta soffermarsi un attimo a riflettere su questo per rendersi conto dell’ampio scollamento che esiste tra ciò che vale la pena fare e ciò che in realtà facciamo.
E allora, a mio parere, il piccolo sforzo che dovremmo compiere in questo gennaio singolarmente gelido è di scaldarci il cuore e di scaldare il cuore di chi amiamo o diciamo di amare, di tornare all’essenzialità delle cose, alle relazioni positive e gioiose, all’umanità, alle carezze, agli abbracci, alle piccole cose che rendono la vita speciale e giusta. Facciamolo tutti, indistintamente. E subito, senza attendere di doverlo fare domani.
A cura di Elisa Albano
Psicologa – Scrittrice
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