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Processo Ilva, l’inquietudine di PeaceLink: patteggiamento dai risvolti poco chiari

“Noi oggi (ieri per chi legge, ndr) eravamo presenti all’udienza e ne siamo usciti con un grande senso di inquietudine”. E’ quanto scrive Alessandro Marescotti.  Per il presidente di PeaceLink è “grave e inaccettabile che il processo all’ILVA non decolli e che si stia prendendo tempo in funzione di un patteggiamento dai rivolti poco chiari e per certi aspetti anche preoccupanti”. Di seguito la nota integrale.
Ciò che preoccupa in particolare è che il cuore del patteggiamento ruoti attorno ad una enorme somma che lo Stato si appresta – attraverso il patteggiamento stesso – a restituire all’ILVA dopo che la procura di Milano aveva considerato tale somma un tesoretto indebito frutto di attività fiscali e valutarie illecite.
Ci riferiamo al “tesoretto” di oltre un miliardo di euro che la Procura di Milano ha sequestrato alla famiglia Riva e che attualmente è bloccato in Svizzera. Tale somma i Riva si apprestano a sbloccarla per ottenere, tramite il patteggiamento, una riduzione della pena e il conseguente non risarcimento delle parti civili. Se la Stato restituisse all’ILVA ciò che l’ILVA aveva – secondo l’accusa – sottratto allo Stato, saremmo di fronte ad una pessima “commedia all’italiana”.
Ossia lo Stato ridà all’ILVA ciò che l’ILVA aveva – secondo l’accusa – tolto allo Stato. Se questo avvenisse saremmo di fronte ad una  parodia dello Stato. Lo Stato farebbe il Robin Hood alla rovescia rinunciando a rappresentare l’interesse pubblico.
Chiediamo invece che il “tesoretto” dei Riva venga usato per la decontaminazione dei suoli e della falda e ci opporremo in tutte le sedi al suo trasfermento verso usi finalizzati alle attività produttive dell’acciaieria, perché se ciò avvenisse ci troveremmo di fronte ad un aiuto di Stato sanzionabile dalla Commissione Europea.Per la Commissione Europea, l’unico uso lecito di fondi pubblici è quello finalizzato alla decontaminazione dei suoli e della falda. Chiediamo a tutti gli attori in campo che il patteggiamento non violi le fondamentali regole europee e che il principio “chi inquina paga” non venga capovolto nel “chi inquina viene pagato”. Che tutto questo avvenga mentre sono in corso le trattative per affidare l’ILVA ai privati, è cosa assolutamente inaccettabile perché significherebbe che i privati beneficerebbero dei fondi del patteggiamento che adrebbero così in dote all’azienda privata che gestirà lo stabilimento.
Il cuore del problema è tutto qui e attorno al patteggiamento si gioca la partita della trattativa con quei privati che sono più o meno interessati a gestire la fabbrica invista di un utile. Un utile che non vi sarebbe senza la dote del “tesoretto”. Ci attendiamo che i magistrati esercitino le loro funzioni a tutela di una comunità non consentendo in alcun modo che il tesoretto divenga – tramite un patteggiamento mal congegnato – preda degli appetiti di una trattativa per garantire ai privati degli utili, senza d’altro canto poter dare la garanzia che le emissioni della fabbrica non continuino ad elargire “malattia e morte”.
Nel caso in cui venisse accolto un patteggiamento chiediamo fin da ora che esso contenga un cronoprogramma delle attività di decontaminazione e di bonifica dei suoli. Si faccia attenzione: la parola “bonifica” non è applicabile agli impianti ma unicamente alle matrici ambientali. Questo dice la legge e questo deve essere fatto. Ovviamente una seria bonifica dei suoli e delle falde acquifere sotterranee assorbirà interamente il “tesoretto” e scoraggerà ogni privato dal prendersi in carico una fabbrica di cui vanno bonificati i suoli fino in profondità, fino alla falda superficiale e profonda. Il patteggiamento non sia finalizzato alla prosecuzione delle attività produttive.
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