Bauman, l’Occidente e l’intellettuale militante
Bauman era Bauman anche prima di diventare famoso con la ormai celeberrima definizione di società liquida. Sui suoi libri si sono infatti formate diverse generazioni di sociologi, filosofi del diritto e scienziati politici. Ma non è questo l’aspetto che più mi preme sottolineare in queste poche righe. Sarebbe troppo facile citare i suoi testi ma decisamente più complicato riassumere, seppur sommariamente, la complessità della sua sterminata ricerca.
Ciò che mi piace ricordare, è che lo studioso di Poznan ha sempre rappresentato un esempio di fedeltà all’idea di intellettuale impegnato, direi militante nel senso gramsciano del termine. La lucidità della sua analisi si è sempre coniugata alla disponibilità a schierarsi con generosità, ad uscire allo scoperto pubblicamente per testimoniare, con i fatti e dall’alto del suo magistero, quell’esercizio dello spirito critico che ha fatto grande l’Occidente. Questa è la mia idea di Bauman che si è poi trasformata in certezza quando nell’aprile del 2015 lo ascoltai alla Rossarol, dove ad attenderlo si erano dati appuntamento centinaia di tarantini (a proposito: la Cultura “tira” quando è roba seria, o no?).
Di quell’evento conservo un bellissimo ricordo anche perché l’infaticabile amica e collega Deborah Giorgi organizzò un incontro con gli studenti delle quinte del Cabrini per prepararli ad accogliere il grande pensatore, uno dei più influenti del Novecento. In quell’occasione – Aspettando Bauman si chiamava il seminario – ebbi il piacere di tenere una lezione sulla comunicazione online, naturalmente con riferimenti espliciti e diretti proprio al graditissimo ospite.
Ultima considerazione. Ecco cosa scrive Zygmunt Bauman (Per tutti i gusti, Editori Laterza, Roma-Bari, 2016) a proposito di sovranità e crisi dell’Europa: “L’unione europea non indebolisce le identità dei paesi in essa uniti. Al contrario, essa è una paladina dell’identità. Di più, è la migliore assicurazione per la sua sicurezza, poiché le offre migliori probabilità di sopravvivenza, e anche di sviluppo. È la globalizzazione che, corrodendo la sovranità degli Stati-nazione, sta facendo crollare i bastioni dell’indipendenza territoriale che hanno offerto rifugio all’identità nazionale e ne hanno garantito la sicurezza negli ultimi duecento anni. Essa frantumerebbe la sovranità nazionale con maggior vigore, causando fratture ancora peggiori, se non fosse per la roccia di solidarietà dell’Unione Europea”.
Sarebbe bene ricordarselo, al di là e ben oltre le pur doverose commemorazioni del momento. Perché è proprio vero: siamo nani sulle spalle di giganti!