Obiettivo: ottenere informazioni su traffici illeciti degli anni Ottanta e Novanta. Il caso del capannone vicino a Taranto zeppo di scorie radioattive e gli affari di Cesarina Ferruzzi, la “signora dei rifiuti” legata alle vicende delle “navi dei veleni”.
Si sono svolte a Roma e a Milano perquisizioni e sequestri disposti dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti nell’ambito di indagini sullo smaltimento dei rifiuti nucleari e sul caso delle navi dei veleni. La Commissione presieduta dal deputato del Pd, Alessandro Bratti, ha disposto l’intervento degli ufficiali di polizia giudiziaria in servizio a Palazzo San Macuto per acquisire simultaneamente documentazione relativa a due importanti casi irrisolti della gestione dei rifiuti italiani degli anni ’80 e ’90: quello del deposito di rifiuti radioattivi dell’ex Cemerad di Statte, in provincia di Taranto, e il caso delle navi dei veleni rientrate in Italia tra il 1988 e il 1990 dal Libano e dalla Nigeria, cariche di rifiuti tossici delle industrie italiane.
A Roma gli agenti hanno sequestrato presso la Sogin (società non coinvolta nelle indagini, ma che custodiva il materiale d’interesse della Commissione) l’archivio dei documenti della società Cemerad, azienda di proprietà di Giovanni Pluchino, ex presidente dell’ordine dei chimici di Taranto e, secondo un’informativa della Guardia forestale degli anni Novanta, massone appartenente alla loggia Pitagora, che ha raccolto per anni in un capannone di lamiera i rifiuti radioattivi provenienti da ospedali e industrie di tutta Italia. La Cemerad aveva contatti anche con Enea e Nucleco, le società a capitale pubblico che si sono occupate della gestione del nucleare italiano.
In alcuni casi – hanno raccontato gli investigatori del Corpo Forestale dello Stato che indagarono sul caso nel ’95 per conto della Procura di Matera – il materiale contaminato stoccato a Statte riportava tempi di decadenza superiori a 9mila anni. Da vent’anni il capannone giaceva in stato di abbandono, con 1140 metri cubi di rifiuti radioattivi accatastati all’interno. Dopo l’intervento della Commissione ecomafie è stata disposta la sorveglianza armata del sito e sono stati stanziati 10 milioni di euro per la bonifica e la messa in sicurezza.
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/ di Andrea Tornago
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