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Inquinamento, Taranto Lider: “A Roma ci accomuna storia millenaria, nulla più!”

“Taranto inquinata come Roma? Il ministero ci riprova a strumentalizzare la comunicazione per instillare la convinzione che a Taranto non c’è nessuna emergenza, ma lo studio ‘Biomonitoraggio e tossicità degli inquinanti presenti nel territorio di Taranto’ riporta ben altro. Certe affermazioni vanno contestualizzate e il ministero ha saputo come porre certe conclusioni in modo da smorzare l’attenzione sulla popolazione tarantina”.

È quanto scrive in una nota stampa il coordinamento del comitato “Taranto Lider”

“Nella prima parte della Relazione finale – spiega il comunicato  – leggiamo del coinvolgimento del comitato Taranto Lider e dell’organizzazione di incontri informativi per la popolazione.
Nessuna collaborazione c’è stata e nessuna comunicazione efficace è stata portata avanti. Nulla è trapelato fino a ieri. Le donne partecipanti allo studio, indignate, attendono ancora comunicazioni. Nel settembre 2013, durante un importante convegno sull’infertilità a Taranto, dal quale sono emersi dati sconcertanti, il dottor Conversano parlò dell’avvio di un biomonitoraggio a Taranto per valutare la correlazione tra endometriosi ed inquinamento. Studio che partiva grazie all’impulso dato dall’esposto presentato in procura da Taranto Lider”.

Dal coordinamento scrivono che “entrammo in contatto con i responsabili dello studio, e nonostante i dubbi sul criterio di reclutamento seguito,  proponemmo una campagna di adesioni allo studio, a nostre spese, per due motivi: esiste un nutrito numero di donne con endometriosi gravi III – IV stadio che, recatesi al pronto soccorso per forti dolori addominali, ne sono uscite senza diagnosi o con sospetta diagnosi e che sono, poi, finite in rinomati centri privati d’Italia per la cura dell’endometriosi.
Di queste donne, residenti a Taranto, non c’è traccia nelle Sdo; e non tutte le donne contattate dall’Asl hanno dato il consenso a partecipare allo studio.
Conseguenza dei due punti è il limitato numero di donne partecipanti ancor meno con uno stadio grave della malattia, con endometriosi infiltrante, aspetto che a nostro parere avrebbe potuto falsare i risultati, così come precedentemente detto nella ricerca romana della stessa dottoressa De Felip, responsabile di questo studio. La nostra proposta fu respinta. Abbiamo ricevuto segnalazioni di donne contattate con endometriosi lievi e con due o tre figli”.

Nella nota il coordinamento sottolinea le proprie riserve su: “come scritto nella letteratura scientifica gli inquinanti oggetto dello studio vengono notevolmente ‘scaricati’ attraverso il latte materno, motivo per il quale sono state scartate le donne che hanno allattato, ma non quelle che hanno avuto dei figli.  Il passaggio di inquinanti al feto attraverso la placenta avviene. Per questo motivo abbiamo chiesto che fossero studiate solo nullipare, ma non siamo stati ascoltati. Sarebbe stato importante valutare il fattore infertilità. Il campo di azione ristretto alle donne residenti a Taranto e Statte non ci è sembrato corretto. Ci sono state donne con endometriosi gravissime, che hanno vissuto 20 anni al quartiere Tamburi o a Paolo VI e che, solo negli ultimi anni si sono trasferite nella provincia, o altrove. Queste donne sono escluse dallo studio, nonostante il loro livello di contaminazione sia certamente elevato. Abbiamo contestato anche l’aver escluso le donne di Massafra, territorio martoriato che presenta casi molto complessi che riguardano intere famiglie. Casi da studiare per la teoria genica. I criteri di scelta delle donne sane (controlli) non ci sono sembrati rigorosi, perché una donna che nel 2011 abbia avuto una laparoscopia che escludeva la presenza di endometriosi, non è detto che non l’abbia sviluppata negli anni successivi, la malattia può restare inattiva e invisibile per anni, soprattutto, se localizzata in organi non considerati durante la laparoscopia, come intestino, reni, vescica, polmoni”.

“Entriamo ora nel merito – continua il comunicato – delle conclusioni dello studio sulle donne ‘Stima del ruolo svolto dall’interazione tra esposizione ad inquinanti ambientali (diossine, Pcb e Ipa) e caratteristiche genetiche relative ad enzimi coinvolti nella biotrasformazione degli stessi inquinanti sulla salute riproduttiva femminile, specificamente nell’insorgenza di endometriosi’. Lo studio di Taranto rappresenta l’ampliamento di uno studio già realizzato sulle donne romane, ‘Esposizione a inquinanti organoclorurati ed endometriosi’, condotto a Roma da un gruppo di ricercatori dell’Iss e dell’Università di Roma “La Sapienza”, tra i quali la dottoressa Elena De Felip, responsabile per l’Iss dello studio condotto a Taranto”.

Quali le conclusioni sovrapponibili fra i due studi?

“L’ esposizione a livelli medio/alti di concentrazioni di diossine e Pcb aumenta significativamente il rischio di sviluppare endometriosi in donne dai 20 ai 33 anni d’età, in particolare in presenza di una mutazione genetica, e abbiamo scoperto che le donne dello studio hanno un’elevata contaminazione da Ipa non associata direttamente all’endometriosi. Ora, secondo gli obiettivi del Centro Salute Ambiente e secondo il tanto depauperato Principio di precauzione, evidenziato il rischio per le giovani donne di Taranto di sviluppare una patologia cronica e invalidante come l’endometriosi, malattia che rende sterili le donne nel 40% dei casi, quali  sono le azioni che il Governo metterà in campo per ridurre a zero tale rischio? In risposta alla comunicazione ministeriale, Taranto e Roma hanno in comune la storia millenaria e bellezze storico-artistiche uniche al mondo. Null’altro”.

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