TARANTO – Domenica 4 dicembre facciamo sentire il “NO” di Taranto in modo forte, chiaro, deciso. Non può essere diversamente per una città in sofferenza come la nostra, sotto scacco da decenni di chi ha anteposto la ragion di Stato alle ragioni locali e alla qualità di vita della popolazione che vi risiede. A Taranto le ragioni del “NO” vanno ben oltre i palesi limiti e i difetti di una riforma scritta male e sotto certi punti di vista pericolosa per la democrazia.
Il “NO” di Taranto deve essere soprattutto una difesa contro chi pensa che accentrare ulteriormente il potere e legiferare più rapidamente sia un modo per migliorare l’amministrazione del nostro Paese. In questi ultimi anni, con dieci decreti salva Ilva, convertiti in legge tramite voto di fiducia, abbiamo subìto sulla nostra pelle il peso di decisioni calate dall’alto da governi attenti solo a salvaguardare gli interessi nazionali e la produzione prima di tutto.
Con la riforma costituzionale e con l’attuale legge elettorale (anche considerando eventuali modifiche che potranno favorire la formazione di maggioranze di coalizione), ogni legge sarà molto simile ad un decreto del governo, con tempi contingentati per l’approvazione e con una maggioranza parlamentare che schiaccerà le opposizioni in un ruolo molto marginale. Tale maggiore rapidità nel legiferare sarà inoltre combinata a una maggiore centralizzazione del potere che svuoterà il ruolo decisorio delle istituzioni locali (Comuni e Regioni) anche in materia di gestione del territorio.
Taranto ha, perciò, il dovere di difendersi dal rischio di un’ulteriore perdita di competenze locali e questo non perché la classe politica che ha governato il nostro territorio negli ultimi decenni sia sempre stata all’altezza, anzi tutt’altro, ma perché sono i cittadini che stanno sempre più acquisendo coscienza della propria condizione e sempre più stanno col fiato sul collo di chi amministra.
La nostra città non è Modena o Siena o Trento dove nessun governo imporrebbe mai politiche lesive della qualità della vita dei cittadini: qui da noi lo Stato impone e non propone e questo grazie anche ad una classe politica locale spesso incapace di far valere le nostre ragioni a Roma. Ma, grazie soprattutto alla protesta che sempre più cresce tra i cittadini, i nostri amministratori non possono esimersi dal riportare a livello centrale le istanze del territorio.
Approvare la riforma significherebbe dare carta bianca a chi vuol decidere per noi, con meno limitazioni è più rapidamente. Noi non ci fidiamo più, non rilasciamo deleghe in bianco a governi che antepongono la produzione alla salute, che lesinano risorse per una sanità adeguata ai nostri problemi, che straziano il territorio con politiche di sfruttamento ambientale, che non vedono alternative per Taranto, che permettono di trivellare i nostri mari. Taranto dirà “NO” forte e chiaro e speriamo sia così.
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