Comunicare: il potere che non conosciamo
Torno spesso sull’argomento comunicazione, a me particolarmente caro, ma non solo per una questione di preferenza personale, quanto per un’urgenza che sempre più avverto e si avverte, in questi tempi complessi e controversi, di comprendere cosa accade nella mente di chi si esprime, in quella di chi ascolta e, in senso più ampio e generale, nell’ambito dei fenomeni sociali, quando ci esprimiamo. Oggi, non è assolutamente più possibile comunicare a caso, come magari poteva anche essere fatto in tempi passati. Non è più possibile non comprendere quali effetti produce una nostra frase, un nostro slogan o una semplice informazione che viene trasmessa in un modo o in un altro.
Tuttavia, nonostante i numerosissimi corsi che si susseguono, sia a livello nazionale che mondiale, sul linguaggio, sulla comunicazione verbale e non verbale, troppa gente, ancora ignora cosa davvero accade quando diamo voce ai nostri pensieri e soprattutto come formulare in modo congruente ciò che ci urge dire per ottenere davvero i risultati che intendiamo ottenere. Le trappole del linguaggio sono tante e non esserne al corrente può portare a conseguenze completamente opposte a quelle che ci animano. La comunicazione può anche arrecare danni proprio là dove, invece, vogliamo produrre soltanto benefici.
E allora, in questi tempi moderni, corsi, percorsi, seminari, stage, workshop sulla comunicazione, con tutte le sue semplici e nello stesso tempo complesse regole, dovrebbero essere imposti obbligatoriamente a tutti, a partire sin dalla tenera età, ma in particolar modo dovrebbero essere pane quotidiano per i giornalisti, per chi intraprende la carriera come personaggio pubblico, per chi si mette alla guida di movimenti, per chi decide di intraprendere battaglie.
E prima ancora di esprimersi bisogna necessariamente non partire d’istinto ma chiedersi sempre: cosa voglio ottenere? Qual è lo scopo che mi sto proponendo? Voglio rinforzare un certo fenomeno o indebolirlo? Voglio esaltare un disvalore o esaltare un valore? Chi o cosa voglio rafforzare o indebolire? In quale direzione voglio far cambiare un certo comportamento? Dove voglio far dirigere l’attenzione di chi mi ascolterà o leggerà? E solo dopo, molto dopo, quando si avranno le idee ben chiare, trovare le parole, le frasi, le asserzioni giuste, composte in una modalità efficace per raggiungere in pieno il proprio obiettivo.
Certo, tutto questo può apparire faticoso, complicato ma in realtà è molto semplice e naturale se ci impegniamo semplicemente a rieducarci a livello linguistico e a fare completamente nostro un nuovo linguaggio che ci porti a risultati soddisfacenti. Gradualmente nulla sembrerà più tanto difficile ma solo ovvio. E finiremo per chiederci: come abbiamo fatto per tanti decenni ad esprimerci senza comprendere cosa stavamo dicendo e perché e come abbiamo fatto a sottovalutare la forza, il potere, in positivo e in negativo, delle nostre parole su noi stessi, sugli altri e sulla società in genere? Quando diverremo davvero consapevoli di tutto questo e impareremo ad usare il linguaggio per lo strumento che davvero è, allora il mondo potrà cambiare. Fino ad allora, no.
A cura di Elisa Albano
Psicologa – Scrittrice
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