TARANTO – Il popolo è sempre più inteso come massa da governare, omogenea e indistinta nelle sue sfumature fatte di uomini e donne con le proprie idee: così la nostra società si trasforma in un blocco unico, più facilmente malleabile e governabile. Qualsiasi differenza (leggi protesta o dissenso o progetto di cambiamento) viene smussata e ingessata in un pastone fatto di pensiero dominante e globalizzazione.
Vale per le società occidentali la regola della maggioranza a tutti i costi che di per se sarebbe anche espressione di democrazia, ma che diventa soltanto un mezzo a disposizione di chi ha più risorse economiche per governare i processi che portano alla formazione della coscienza dei popoli. La democrazia ideale dovrebbe essere libertà di idee scevre da condizionamenti legate al bisogno contingente e ciò diventa sempre più improbabile in una società esageratamente consumistica in cui è l’idea del possesso a diventare scopo di vita.
Politiche su scala mondiale delle multinazionali, unificazione delle monete, standardizzazione dell’offerta culturale (cinema, tv, libri), appiattimento dell’istruzione con programmi scolastici sempre più rivolti alla formazione lavorativa (perché alle braccia corrispondano menti sempre meno pensanti), evoluzione dei processi produttivi penalizzanti per le piccole imprese a vantaggio dei grandi gruppi industriali: questi i cambiamenti che hanno stravolto la nostra società in pochi anni.
La riforma costituzionale su cui ci esprimeremo il prossimo 4 dicembre, se approvata, consoliderà ancora di più questa tendenza che ci porta verso una falsa democrazia, addomesticata da quella minoranza nel Paese che grazie anche ad una legge elettorale approvata ad hoc diventerà maggioranza in grado di governare e di farlo con minori limitazioni.
E questo, in un contesto di riforma che aumenta a dismisura i poteri dell’Esecutivo, appiattirà e silenzierà ulteriormente le voci in dissenso relegandole ad un ruolo puramente marginale, grazie anche ad una influenza già adesso evidente delle forze di governo sui mezzi di informazione. Non sarà certo dittatura. Nessuno toglierà la libertà di pensiero e parola. Non è questo il rischio di cui parliamo.
Ci riferiamo invece alla perdita della possibilità di compromesso tra le varie rappresentanze politiche (direttamente concordata tra i partiti o garantita da equilibri consolidati dei poteri dello Stato) che, nell’approvazione delle leggi e nelle politiche di governo, l’attuale Costituzione favorisce. Ciò che il fronte del “Si” indica come l’origine di tutti i guai dell’Italia e che invece ha garantito un equilibrio istituzionale che teneva conto delle varie sfumature di una società variegata. Serve, quindi, un “No” deciso da parte di chi è per il rafforzamento della democrazia e del dialogo costruttivo rispettoso di tutti i punti di vista. Un “No” che unifica anche forze tra loro ideologicamente distanti in una alleanza che durerà soltanto il tempo di un referendum, ma che trova ragioni di resistenza comune in chi crede nella difesa della pluralità democratica.
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