Non esiste nulla di più semplice e spontaneo di un abbraccio. E non esiste età in cui si smetta di sentire il bisogno di essere avvolti dalle braccia di qualcuno o di stringere una persona cara a sé. Molti studi e ricerche hanno ormai dimostrato che l’abbraccio può apportare notevoli benefici, sia psichici che fisici. Lenisce stress e ansia, consola e tranquillizza, ci fa sentire protetti e importanti, migliora la stima di sé e ci mette allegria, libera le emozioni positive, rinforza persino il sistema immunitario e stimola la produzione di ormoni del benessere e del buon umore.

Ma abbracciare non è sempre semplice così come appare. A volte non siamo in grado di abbracciare, oppure temiamo di farlo e se proprio siamo costretti, entriamo in contatto con il corpo dell’altro frettolosamente, quasi fosse un dovere sconveniente di cui liberarsi in fretta. Soprattutto se da piccoli non siamo stati abituati agli abbracci, se ne abbiamo ricevuti pochi o ancora peggio se siamo stati redarguiti dal lanciarci in gestualità troppo affettuose, inevitabilmente da adulti saremo più rigidi e sbrigativi nei contatti più intimi.

La nostra incapacità ad accogliere, a stringere o ad essere accolti, accettati, amati e abbracciati sarà sempre e comunque la diretta conseguenza dell’impostazione educativa ricevuta e dei blocchi interiori che ci portiamo dietro da chissà quanto tempo. Ma se gli abbracci sono così benefici, come del resto tutte le manifestazioni amorevoli, perché rinunciarci? Possiamo sempre imparare ad agire in modo diverso, possiamo sempre offrirci delle possibilità. Nulla è mai immutabile. È solo questione di allenamento, soprattutto allenamento costante. Possiamo diventare migliori se solo lo vogliamo e decidiamo di provarci.

E allora, piano piano cominciamo intanto ad auto osservarci e a capire se facciamo parte di quella schiera di uomini e donne che temono il contatto del proprio corpo con un altro corpo, se siamo in imbarazzo quando dobbiamo stringere qualcuno e se lo facciamo solo per convenzione, oppure se rientriamo nella fascia di quelli che si sentono liberi e gioiosi di donare e riceve un abbraccio.

Se il nostro posto è nella prima categoria c’è solo una cosa che possiamo fare per salvarci la vita: obbligarci gradualmente a dispensare un po’ più spesso abbracci e a prolungare di qualche secondo il tempo che generalmente dedichiamo ad essi. Ad esempio, quando ci troviamo a stringere i nostri figli o i nostri genitori in là con gli anni, non basta farlo come a dire: sì sono qui.

Proviamo invece a trasmettere emozioni e rassicurazioni con più calma, come a dire: sì sono qui e sono pronto ad ascoltarti, ad accoglierti a trasmetterti non solo la mia presenza ma anche la mia vicinanza e il mio amore. Ecco un discorso silenzioso un po’ più lungo che si trasmette con un abbraccio, farà crescere sicuramente in modo diverso un bambino, rendendolo più sicuro e più fiducioso nel proprio cammino e farà sentire meno solo e più sereno un anziano. Non è tanto importante ciò che facciamo ma come lo facciamo.

Ma lo stesso discorso vale per un abbraccio con il nostro partner che ci sta accanto ormai da qualche decennio, con i nostri amici o anche con i semplici conoscenti. Un abbraccio frettoloso e formale viene percepito molto più profondamente e rapidamente per quello che è, al di là di ogni nostro sforzo di comunicare vicinanza e comprensione.

E poi, non di minore importanza, è sviluppare la capacità di chiedere un abbraccio. Cosa anche questa difficilissima. Proviamo comunque a farlo e stiamo a vedere cosa accade. Con il tempo e la pratica, vi assicuro, che indipendentemente dall’educazione che avrete ricevuto e da quanto penserete di meritare o non meritare, vi diventerà naturale e piacevole liberare le vostre emozioni in un abbraccio, sia donato che ricevuto.

Per tutti coloro, invece, che si sentono già svincolati da timori e inibizioni, non resta che il grande compito di dispensare abbracci, trasmettendo soprattutto l’importanza di questo piccolissimo gesto che può aiutare tutti a sentirsi bene con se stessi e in pace con il mondo.

elisaA cura di Elisa Albano

Psicologa – Scrittrice

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