Dietista nel team dell’ambulatorio di Nutrizione Clinica, I.R.C.C.S. De Bellis, Castellana G. (Ba).
Biologa nutrizionista, libero professionista, Taranto.
TARANTO – Nel precedente articolo ci siamo lasciati con qualche interrogativo: cosa fa funzionare una dieta? Perché alcune persone riescono ad ottenere dei risultati in termini di calo ponderale che permangono duraturi nel tempo, ed altri no? Alla base vi è la mente. Due psicologi, Prochaska e Di Clemente, hanno descritto una serie di fasi attraverso cui gli individui passano nel corso dei loro tentativi di risolvere un problema comportamentale (che nel nostro caso sono l’iperfagia e/o un’alimentazione scorretta). Tali fasi sono state rappresentate come tappe di una ruota (fig.1)
Fase 1: Precontemplazione (o premeditazione), (disegnata all’esterno della ruota). In questo momento non si ha alcuna voglia di cambiare o perché non si è consapevoli del problema o semplicemente perché non lo si vuole.
Fase 2: Contemplazione (o meditazione): si comincia a prendere in considerazione l’idea di avere un problema da risolvere, ma non si è ancora pronti ad “attivarsi”; è uno stadio di ambivalenza, tipo “voglio ma non voglio”, “vorrei ottenere il risultato, ma non sono disposto a sostenere la fatica che questo richiede”’ (per esempio “vorrei perdere peso ma non voglio rinunciare al piacere del cibo”). E’ un momento molto delicato e decisivo: rimanere lì, tornare alla fase di premeditazione oppure procedere lungo la ruota del cambiamento. In questo caso si passa alla seguente fase.
Fase 3: determinazione: si è ormai consapevoli di avere un problema, nel nostro caso di peso, e si è determinati a tentare una strategia per risolverlo.
Fase 4: azione: rappresentata dal lavoro attivo necessario a superare il problema; questo significa modificare i propri comportamenti ed il modo di pensare. In questa fase ci possono essere cadute e si può retrocedere agli stadi precedenti. Ciò è un andamento assolutamente naturale, per cui non bisogna demoralizzarsi. Il processo di cambiamento è un lavoro lungo, ogni caduta fornisce un insegnamento che ci porta un po’ più avanti.
Fase 5: mantenimento, consiste in un lavoro attivo per prevenire le ricadute e un consolidamento dei risultati ottenuti durante l’azione. Questa fase, che dura mesi o anni, può essere seguita da un’uscita permanente dalla ruota ma anche qui, come in ogni fase, ci può essere una ricaduta che ci porta alla fase precedente o a volte ad un nuovo giro di ruota. E’ fondamentale ricordare che questo non è un problema di incapacità, ma è il naturale evolvere dei processi di cambiamento comportamentale: più lo si sa, meno ci si scoraggia e più probabile è il successo.
Il principale nemico del cambiamento è la fretta: ad esempio, dimagrire 20 Kg al mese, non sarebbe un obiettivo realistico, e porterebbe inevitabilmente al fallimento. Questo pensiero è abbastanza comune nelle persone che vogliono perdere peso ed è su questo che specula l’industria della dieta promettendo rapidi risultati che, o non si ottengono, o si mantengono per brevi periodi o con abitudini non salutari che, come si è detto, non insegnano una condotta corretta.
Lo spunto che questi due psicologi ci forniscono è notevole: accettare che il vero cambiamento debba essere fortemente voluto e quindi graduale, così da iniziare una dieta solo quando si è determinati, in quanto iniziare ad approcciarsi a una dieta nella fase della premeditazione o della meditazione, può portare all’insuccesso.
Altro “take home message” è quello che per realizzare un cambiamento comportamentale è quasi del tutto inevitabile andare incontro a intoppi o fallimenti, che possono essere rappresentati dall’abbuffata in un momento di crisi, o il desiderio di mollare tutto: l’importante è fermarsi un attimo, retrocedere alla tappa precedente e continuare a girare nella ruota del cambiamento perché prima o poi si troverà la via d’uscita.
Visto quanto detto, i cambiamenti da introdurre alla dieta devono essere, oltre che graduali e sostenibili, soprattutto personalizzati. Questo è compito del Nutrizionista. Per quanto possa nuocere un panino con il salame e il provolone a un soggetto con ipercolesterolemia, se costui è abituato a farne scorpacciata quotidianamente, una proibizione improvvisa e completa dello stesso, può avere l’effetto boomerang del mangiarne, appena possibile, più del solito.
Ovviamente il soggetto va messo al corrente senza mezzi termini di cosa rischia se persegue con le sue errate abitudini a tavola, ma bisogna anche che si senta di tanto in tanto gratificato visti i sacrifici a cui si sta sottoponendo. Ecco perché la dieta è soprattutto una “questione di testa”! Un approccio lento, regolare e individuale, permette di assestarsi su una routine che rispetti il proprio ritmo e dà modo che sia favorita nel migliore dei modi una perdita di peso duratura.
Al fine di perdere peso anche l’attività fisica andrebbe inserita nella vita quotidiana, ma sempre in modo graduale. Ovvio che un soggetto da sempre sedentario difficilmente riuscirebbe ad essere costante a lungo termine nel frequentare palestra o piscina quotidianamente. Potrebbe iniziare non utilizzando l’ascensore di casa e salendo le scale, o camminando a piedi evitando di prendere la macchina anche per brevi tratte. Poi, acquisita fiducia, perso qualche chilo e resosi conto di avere fiato, può iniziare la palestra, ottenendo riscontri positivi in termini di allenamento che nutrono l’autostima e la voglia di andare avanti certamente molto più di quanto non farebbe iniziando l’attività ginnica in modo repentino.
Dietista nel team dell’ambulatorio di Nutrizione Clinica, I.R.C.C.S. De Bellis, Castellana G. (Ba).
Biologa nutrizionista, libero professionista, Taranto.
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