TARANTO – Gli esperti che stanno valutando i piani ambientali presentati dalle due cordate interessate all’Ilva dovrebbero concludere il loro lavoro entro il prossimo 13 novembre. Nel frattempo, la comunità tarantina appare in gran parte disinteressata ai destini della fabbrica, come se fosse una vicenda lontana e di poca importanza.
Il terreno mediatico sembra in gran parte occupato da chi, sul fronte politico, porta avanti l’ipotesi di riconversione dello stabilimento dal carbone al gas. Ovvio il riferimento al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, oggi ospite della trasmissione Buon Pomeriggio (Telenorba – Canale 10) condotta da Michele Cucuzza.
Ospite nello studio di Conversano (Bari), insieme al primario di Ematologia dell’ospedale “Moscati” di Taranto Patrizio Mazza, Emiliano ha ribadito la sua posizione: «Non posso accettare che i cittadini di Taranto muoiano in percentuale maggiore rispetto a quelli di altre città». Questa la soluzione individuata dalla Regione Puglia: «Proponiamo di cambiare il sistema produttivo dell’Ilva usando il gas al posto del carbone, senza il funzionamento dell’area a caldo, dove ci sono gli impianti più dannosi per la salute. Da un anno siamo in attesa della risposta del presidente del Consiglio».
Stavolta, però, Emiliano ha dovuto confrontarsi con le perplessità di un’ambientalista tarantina, Daniela Spera, presidente del comitato “Legamjonici”, in collegamento dal quartiere “Tamburi” insieme al presidente di PeaceLink, Alessandro Marescotti, ed altri cittadini.
«Non è detto che l’Ilva a gas inquini meno – ha replicato la Spera – noi a Taranto abbiamo già fatto una battaglia contro una centrale a turbogas di Enipower proprio perché non volevamo ci fossero emissioni di monossido di carbonio e di anidride carbonica. Nel caso di Ilva, ci troveremo al cospetto di impianti che avrebbero bisogno di un’enorme quantità di gas per andare avanti».
Da qui l’auspicio di una chiusura dell’Ilva per poi procedere alla bonifica dei terreni. E’ chiaro che finché questi resteranno contaminati, gli effetti sulla salute dei cittadini continueranno a persistere. E neanche il dottor Mazza ha mostrato grande entusiasmo rispetto alla decarbonizzazione. «Le cose che dice il presidente Emiliano andrebbero bene se partissimo dall’anno zero – ha detto – ma qui dobbiamo fare i conti con un inquinamento già acclarato. Il medico quando visita un paziente che ha il rischio di ammalarsi per un tumore al polmone perché fuma, deve dirgli di smettere di fumare, non di ridurre il fumo. Sul piano della salute, ho qualche dubbio che questo possa produrre dei risultati nel breve e medio periodo».
Marescotti si è soffermato sull’incremento delle concentrazioni di Ipa (Idrocarburi Policiclici Aromatici) nel dicembre 2015 e sul contestuale aumento dei dati relativi alla mortalità. Ha mostrato dei guanti che i residenti del quartiere Tamburi dovrebbero indossare per difendersi da sostanze inquinanti in grado di penetrare nell’epidermide.
Toccato anche il tema della inadeguatezza delle strutture sanitarie locali rispetto ad una vera e propria emergenza sanitaria. Attualmente si sta prendendo la strada verso un polo oncologico degno di questo nome. Il dottor Mazza ha confermato, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che la numerosità di pazienti oncologici presenti a Taranto comporta un affanno delle strutture esistenti.
Lacune confermate dalla testimonianza di Antonella Pecoraro, mamma della piccola Sofia, deceduta a soli quattro anni per un tumore cerebrale rarissimo. «Dopo la diagnosi partimmo subito per Roma perché a Taranto non esiste un reparto di oncoematologia pediatrica. Oltre a combattere contro una malattia devastante come il cancro – ha raccontato la signora Pecoraro – i bambini di Taranto devono combattere anche con l’impossibilità di essere curati nella loro città. Non hanno scelta. Devono andare altrove».
Non è mancato un cenno alla petizione on line – TarantoRicercaFuturo – lanciata insieme ad altri cittadini per sollecitare la realizzazione di un IRCCS oncologico a Taranto. In studio anche Aurelio Rebuzzi, papà di Alessandro, soprannominato “il guerriero buono”, morto per fibrosi cistica a soli 16 anni. Per decenza evitiamo di soffermarci su una domanda posta dal conduttore al dottor Mazza in merito all’emergenza sanitaria ionica: “Siamo sicuri che la colpa sia dell’Ilva?”.
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