Patto per Taranto, Cgil Cisl e Uil: vogliamo essere protagonisti del cambiamento
TARANTO – Svaniti gli effetti del Jobs Act nel breve periodo, finiti gli incentivi per la creazione di nuovi posti di lavoro e quindi eliminato l’articolo 18, il risultato ottenuto dalla riforma del lavoro voluta dal premier Matteo Renzi è stato così sintetizzato: -8,5% di assunzioni, +31% di licenziamenti, +28% di licenziamenti disciplinari rispetto ai primi otto mesi del 2015.
Quarantotto ore dopo la pubblicazione dei dati forniti dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps relativo ai primi otto mesi dell’anno, a Taranto Cgil Cisl e Uil territoriale e regionale, hanno convocato una conferenza (presenti i segretari provinciali Giuseppe Massafra, Antonio Castelluccio e Giancarlo Turi e i segretari regionali, Pino Gesmundo, Daniela Fumarola e Aldo Pugliese) per chiedere al governo un incontro al Ministero dello sviluppo economico per sottoporre una piattaforma di interventi condivisi, con l’obiettivo di superare la crisi del sistema industriale e produttivo della città e della provincia. Un patto per Taranto.
«Qui il tasso di disoccupazione continua a crescere – conferma Massafra – siamo al 18,5% e nella fascia di età che va dai 15 ai 24 anni supera il 60%. Le emergenze riguardano l’Ilva, le questioni ambientali e sanitarie, le vertenze Cementir e Natuzzi, il lavoro reso schiavitù nei call center sottoscala e in agricoltura. Tutto ciò – aggiunge – rende necessaria una mobilitazione generale».
“Oltre la Transizione” è il nome scelto per il documento che intende porre le basi di uno sviluppo integrato che comprenda anche le bonifiche, il porto, l’Arsenale, il MarTa, l’aeroporto di Grottaglie. Dunque, non solo Ilva. Ma è la cessione del siderurgico il nodo cruciale: 15 mila lavoratori tra diretti e indotto che non sanno quale sarà il loro futuro e che devono quotidianamente affrontare problemi di sicurezza oltre l’esposizione alle emissioni nocive. La recente consultazione in Ilva per il rinnovo delle Rsu – hanno evidenziato i segretari – è stata caratterizzata da un’altissima partecipazione dei lavoratori, il 90%, segno che – commentano – la fabbrica è totalmente schierata sulla difesa del lavoro.
La salute però non può essere considerata una variabile slegata dal contesto. Dentro e fuori la fabbrica. L’emergenza sanitaria richiamata nel documento non è soltanto riconducibile alla carenza dell’offerta per la cura di patologie legate agli effetti degli inquinanti e non, ma alla fonte degli inquinanti stessi. E la fonte, così come la correlazione dimostrata dai recenti studi presentati, è l’area a caldo dell’Ilva, sempre sotto sequestro con facoltà d’uso dal 2012.
“Chiediamo un tavolo di confronto sul territorio – ha risposto il segretario provinciale Uil Turi, a proposito del rispetto dell’Aia e dei dati epidemiologici – perché ad oggi non sappiamo a che punto siamo. Al tavolo però non possiamo arrivarci ognuno col proprio studio commissionato: non ci poniamo il problema se lo studio presentato dal presidente della Regione sia vero o farlocco, ma vogliamo che ad esprimersi siano gli enti competenti”.
“Con il cambio di guida al governo della città – ha sottolineato Turi – il sindacato ha il compito di porre al centro dell’agenda il problema dell’occupazione e dello sviluppo. Il 24 (ottobre, ndr) vorremmo discutere con il governo degli 800 milioni previsti dal Cis, di come impiegarli, e di come portare avanti il piano di reindustrializzazione di Taranto, condensato nell’accordo di programma che dovrebbe essere presentato a fine novembre”. Turi ribadisce infine la volontà dei sindacati di essere “protagonisti del cambiamento, dal momento che negli ultimi mesi non sono stati sufficientemente coinvolti nella cosiddetta gestione dell’area di crisi”.