Ilva, De Marzo scrive a Emiliano: “Quanti miliardi costerebbe la decarbonizzazione?”

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta al presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, scritta da Biagio De Marzo,  ex dirigente Italsider ed ex Altamarea.

Egregio presidente Emiliano,

i tuoi comportamenti e le tue azioni e reazioni degli ultimi mesi sull’Ilva hanno suscitato in me delusione, disinganno e frustrazione. Cose che, mutatis mutandis, forse anche tu hai provato talvolta. Il piano inclinato su cui la vicenda Ilva di Taranto sta precipitando va raddrizzato immediatamente e responsabilmente, con 10 passi indietro di tutti i protagonisti a cominciare da te che, al momento, sei il più incendiario e nel contempo il più sul pezzo con destrezza e conoscenza. Per indurti a riflettere ti ripeto cose già dette senza risultato alcuno.

Possibile che in pochi mesi di presidenza regionale tu abbia dimenticato tutto quello che ti ho scritto e detto sull’Ilva di Taranto, in oltre un anno e mezzo di interlocuzione, spesso a senso unico? Non hai letto la mia argomentata analisi (pubblicata l’anno scorso sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”, edizione di Taranto) su tutta la vicenda Ilva ed anche sull’impiego in Ilva di solo preridotto, proposto prima da Bondi e poi ripreso dal sen. Mucchetti?” Immemore di tutto ciò, il 10 dicembre del 2015 hai presentato alla Conferenza di Parigi la tua idea di decarbonizzazione della Puglia.

In particolare la decarbonizzazione dell’Ilva di Taranto, stando a quanto rappresentato sulla stampa dell’epoca, si otterrebbe trasformando “il ciclo minerale – coke – altoforno nel ciclo minerale – riduzione diretta più rottame – forno elettrico e prevedendo l’utilizzo delle nuove disponibilità di gas naturale (gasdotto Brindisi – Taranto in parallelo all’elettrodotto esistente o comunque nel transitorio nuovi apporti da definire con Snam) e di energia elettrica pulita. Si precisa che la riconversione sarà corredata da un programma di dettaglio di formazione preventiva e ricollocazione utile del personale Ilva e terzo nei cantieri da attivare e nelle attività di dismissione impianti e bonifica”.

A fronte di tali scarne notizie ti riformulo alcune domande.

  1. Quale dovrebbe essere la produzione annua della nuova Ilva? Con quale sagomario, qualità, ecc.?
  2. La trasformazione avverrebbe a impianti vecchi fermi o in marcia nel transitorio? (Sono cose completamente diverse)
  3. In quanto tempo avverrebbe la trasformazione? (Dalla progettazione all’andata a regime nel nuovo assetto con utilizzo di solo preridotto o Direct reduced iron – Dri.)
  4. Quanti miliardi di euro costerebbe tale trasformazione? Includendo, ovviamente, la dismissione degli impianti inutili –  gran parte dei parchi primari, cokerie, agglomerati, altoforni, acciaierie LD – e la bonifica delle aree relative.
  5. Chi metterebbe sul banco tanti miliardi? Il Governo e i commissari si stanno dannando l’anima per trovare alcune centinaia di milioni di euro da dare in prestito! E proseguo con gli altri punti che pongo alla tua attenzione.
  6. Quale potrebbe essere il piano economico-industriale di tale nuova Ilva? Input – output? Numero di addetti? Costi e ricavi? Break even point?;
  7. Quali e quante sarebbero le emissioni in aria, acqua e suolo dei nuovi impianti?;
  8. Quanti siti del tipo ipotizzato esistono nel mondo e con quale target produttivo? A me risulta che su 1.400 milioni di tonnellate di acciaio prodotte nel 2014 nel mondo, circa 60 milioni di tonnellate (il 4,2 per cento) sono state prodotte con impiego di gas metano (minerale preridotto).
  9. Quale sarebbe il calcolo energetico di Ilva nel nuovo assetto, confrontato con quello del ciclo integrale in cui l’energia elettrica è quasi tutta di autoproduzione con i gas coke e gas di altoforno?

Mi chiedo di nuovo adesso: a che sono valsi gli incontri vis à vis, le relazioni riservate, gli appelli al confronto costruttivo per una ipotesi di soluzione condivisa (acciaieria ibrida)? Io non credo che tu, caro presidente Emiliano, non abbia ancora capito che i dieci decreti “Salva Ilva”, frutto di tre Governi diversi (Monti, Letta e Renzi), sono debolissimi accenni a fronte della quasi impossibile soluzione dell’enorme problema Ilva, nato e cresciuto in mano pubblica, ingigantito dalla cecità della subentrata mano privata e reso ancora più ingarbugliato dalle incertezze e misconoscenze dei vari Governi e commissari che si sono succeduti dal 2012 in poi.

Io ho avuto un significativo passato di dirigente tecnico siderurgico (Italsider, Ilva prima dei Riva, Terni, Falck) e poi, da pensionato, ho fatto parte del movimento civico ed ecologista tarantino che ha perso la battaglia dell’Autorizzazione Integrata Ambientale per la “distrazione” delle Istituzioni che si sono accorte dell’esistenza del problema Ilva solo quando è scoppiata l’indagine “Ambiente svenduto”.

Nei quattro anni successivi, insieme ad altri, abbiamo criticato, suggerito: tutto inutile. In ultimo, è stata ignorata la proposta di far effettuare la VIIAS (Valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario), unico modo per delineare una possibile Ilva futura. Il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, l’ha ignorata, nonostante fosse stata oggetto di una raccomandazione unanime del Consiglio comunale, ed ora si avventura in un percorso inopinato. Anche tu, caro presidente Emiliano, hai ignorato la proposta della VIIAS e, invece, hai abbracciato con foga l’inesplorata decarbonizzazione.

E allora, concludendo, che fine ha fatto il pragmatico ed accorto uomo politico che per dieci anni ha ben governato la difficile città di Bari e poi ha sbaragliato il campo nella corsa alla Regione? E’ riapparso lo scoppiettante e gladiatorio pubblico ministero che non ha sempre al primo posto delle priorità la valutazione delle conseguenze sociali ed economiche delle proprie azioni. E’ il momento di tornare a fare il politico accorto e pragmatico.

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