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Ilva, Ambrogi Melle: “L’intervento dei Riva nel procedimento Cedu non ci preoccupa”

TARANTO «Noi siamo sereni, l’intervento dei Riva non ci preoccupa». Lina Ambrogi Melle, consigliere comunale del gruppo “Ecologisti per Bonelli”, commenta così la decisione assunta dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di non escludere Riva Fire, Nicola e Fabio Riva, dal procedimento che vede l’Italia sotto processo a Strasburgo per come ha gestito il caso Ilva (leggi qui) sul fronte sanitario. Contro l’intervento dei Riva si sono mossi i legali che seguono il ricorso sottoscritto da Ambrogi Melle ed altri, ma la Corte Europea ha deciso di rigettare la richiesta di esclusione dei Riva, così come riportato in una lettera datata 23 settembre 2016.

«Il nostro avvocato Andrea Saccucci è molto sereno – spiega la Melle a InchiostroVerde – era giusto mostrare disappunto nei confronti dell’intervento dei Riva. La Corte di Strasburgo ha le maglie larghe e dà la possibilità a tutti di intervenire, ma in questo caso c’è un’anomalia: quando Riva Fire ha presentato la sua richiesta erano già scaduti i termini. Invece, le istanze presentate dall’Isde, associazione medici per l’ambiente, e dal direttore del Dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Torino, sono arrivate entro la scadenza prevista».

Ma qual è l’obiettivo dei Riva? La Melle risponde così: «Far decadere il processo. Se si dovesse arrivare ad una sentenza di condanna, verrebbe sancito un fatto: l’Ilva causa danni alla salute dei cittadini. Questo potrebbe innescare una valanga di  ricorsi in sede civile contro i Riva da parte dei tarantini. Il loro timore è rappresentato proprio dal rischio di dover risarcire tutte queste persone».

In merito alla richiesta di una seconda proroga avanzata dal governo italiano per presentare le proprie osservazioni (il prossimo termine utile è il 10 novembre), la Melle non ha dubbi: «Dev’essere l’ultima proroga concessa all’Italia. Altrimenti si rischia di contraddire la trattazione d’urgenza riconosciuta al caso da Strasburgo». Dopo la presentazione delle osservazioni da parte dello Stato italiano, l’iter prevede un tempo di circa 6-7 settimane per le controdeduzioni da parte dei legali dei ricorrenti. In seguito potrebbero scattare le controrepliche da parte del Governo. La sentenza è attesa per il 2017 anche se è difficile prevedere in quale mese.

Secondo la Melle “il Governo italiano non ha argomenti per difendersi. I dieci decreti “salva Ilva” approvati negli anni dimostrano che per l’Italia la salute viene al secondo posto. I Riva stanno dando il loro sostegno al Governo negando di aver causato danni alla salute dei tarantini e dicendo che i ricorrrenti non hanno titolo per portare l’Italia a processo su questo caso. E’ una cosa assurda ma noi non siamo preoccupati”. 

I RICORSI

Ricordiamo che il primo ricorso è stato sottoscritto da 52 persone residenti a Taranto e in provincia, ed è stato promosso, nel 2013, proprio dal comitato Legamjonici, con l’ausilio dell’avvocato Sandro Maggio. Il secondo ricorso sul caso Taranto, invece, è stato presentato da altre 130 persone, tutte residenti a Taranto, rappresentate e difese dall’avvocato Andrea Saccucci. I ricorrenti contestano all’Italia di aver violato le disposizioni della Convenzione Europea dei Diritti Umani.

Citano quanto previsto dall’articolo due, nella parte in cui dispone che «il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita», dall’articolo otto nella parte in cui dispone che «ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio» e dall’articolo tredici nella parte in cui dispone che «ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale».

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