Referendum costituzionale: la città dell’Ilva ha più motivi per votare “No”

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A Taranto vi sono ragioni ancor più forti per dire “No” alla riforma costituzionale che si voterà con il referendum del prossimo 4 dicembre. Abbiamo già avuto, negli anni scorsi, un’idea di come la maggioranza di governo, spesso condizionata da scelte basate su principi di carattere puramente economico, abbia imposto alla nostra comunità politiche non condivise da gran parte della popolazione.

Abbiamo vissuto sulla nostra pelle, a partire dal 2012, dieci (o undici?) decreti “salva Ilva” che annullavano le decisioni della magistratura, rinviavano anno dopo anno la realizzazione delle misure di ambientalizzazione, tenevano in vita una azienda che diversamente sarebbe stata dichiarata già da tempo fallita.

Tutto ciò tramite decreti del governo che il più delle volte bypassavano le discussioni parlamentari e che venivano in seguito convertiti in legge tramite un voto di fiducia ottenuto in maniera sbrigativa in Parlamento. Più in generale, negli ultimi anni, il ricorso ai decreti del governo è diventato il principale modo per legiferare e questo è stato  scambiato da molti per decisionismo ed efficienza nel governare. Nulla di più sbagliato!

Il ricorso ai decreti è molto spesso segno di debolezza del governo e volontà precisa di scavalcare l’opposizione parlamentare, impedendo una esaustiva analisi pubblica e una discussione democratica delle proposte di legge e quindi la possibilità, per i comuni cittadini, di ottenere un’adeguata informazione. Negli anni passati, proprio in seguito ad un uso esagerato e continuo delle decretazioni di urgenza, il Consiglio di Stato, i presidenti di Camera e Senato, moltissimi parlamentari e i presidenti della Repubblica hanno richiamato il governo a non esautorare il Parlamento dal suo compito principale che dovrebbe essere la discussione delle proposte di legge e la loro approvazione con un iter più regolare.

Potere politico concentrato nelle mani del solo partito che otterrà la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento, meno poteri alle Regioni, minori possibilità per le opposizioni di fare ostruzionismo, semplificazione dell’iter legislativo: saranno queste le conseguenze più importanti della riforma in caso di vittoria del “Sì”. Se da un lato la riforma prevede una maggiore limitazione all’uso dei decreti legge del governo, dall’altro rafforza fortemente il potere esecutivo e quindi del governo che potrà far approvare in modo rapido le leggi da parte della maggioranza che lo appoggerà.

Maggioranza che, tra l’altro, con la nuova legge elettorale, sarà composta da un unico partito. Taranto ha subìto, forse più di qualunque altra città, le decisioni venute da Roma che hanno imposto politiche economiche e di governo del territorio spesso contrastanti con alcuni diritti fondamentali come quello alla salute. Ciò è avvenuto scavalcando o riducendo al minimo la discussione parlamentare nell’atto della conversione in legge dei tanti decreti che interessavano Taranto.

Tutto ciò malgrado le tutele democratiche che l’attuale impianto costituzionale garantisce. Figuriamoci quindi, nel caso di approvazione della riforma che voteremo il prossimo 4 dicembre, come si ridurrebbe ancora più qualunque possibilità di opposizione alle politiche di governo, considerando inoltre che verranno limitati anche i poteri delle Regioni su cui prevarranno, in occasione di interessi strategici per la Nazione, le decisioni romane. Taranto, proprio per aver subìto le scelte del governo sulle politiche economiche ed ambientali che a molti sono apparse vere e proprie imposizioni antidemocratiche, deve difendere la Costituzione da una riforma che indebolisce le opposizioni e rafforza in modo spropositato l’esecutivo e il partito di maggioranza.

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