Ilva, Capriulo e Mignogna vicini alle posizioni di Emiliano
Riceviamo e pubblichiamo un documento a firma di Dante Capriulo, consigliere comunale e provinciale di Taranto, ed Angela Mignogna, coordinatrice dell’Associazione “L’Altra Taranto”.
Ilva a Taranto: Parliamoci chiaro! Dopo l’ennesima morte sul lavoro, verificatasi nelle prime ore del mattino di sabato 17 settembre, che ha tolto la vita al giovane operaio Giacomo Campo, mentre lavorava per conto di una ditta di pulizia nell’Ilva, schiacciato da un nastro trasportatore, e le polemiche innescate sulle cause e sul futuro, sentiamo l’obbligo morale ed etico di dire la nostra.
Abbiamo oramai perso il conto delle morti sul lavoro nello stabilimento siderurgico di Taranto; quella di Giacomo è solo l’ultima. Questo ennesimo drammatico evento è, secondo noi, anche riconducibile alla inadeguatezza delle pratiche di sicurezza, dei sistemi di prevenzione, della precarizzazione del lavoro e dal maledetto bisogno di lavoro; nell’Ilva di Taranto come in altri ambienti di lavoro.
A queste morti bianche vanno aggiunte le centinaia di morti legate all’inquinamento ambientale, così come certificato dai periti del tribunale (di livello internazionale) nella perizia consegnata a gennaio 2012 al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Taranto, dott.ssa Todisco. Secondo i loro studi a Taranto muoiono all’anno circa 30 persone (tra lavoratori e residenti) a causa dell’inquinamento industriale, a cui vanno aggiunte le tante malattie non mortali ma invalidanti correlate alla grande industria inquinante.
Abbiamo ascoltato, anche in queste ore, non senza fastidio, le solite giustificazioni ed il rituale delle prese di posizione, quasi come fossimo in una stanca liturgia. Per cultura e per valori continuiamo a credere che il diritto ad un lavoro sicuro, libero e dignitoso sia un obiettivo sacrosanto ed affermato dalla nostra Carta Costituzionale. Abbiamo invece il timore di vedere la città stanca e silente di fronte alla continua violazione dei diritti dei lavoratori in fabbrica, quasi timorosa di mettere in discussione uno stabilimento che garantisce posti di lavoro, anche se precario ed insicuro, supina nell’accettare i dieci decreti del Governo sull’Ilva e la gestione commissariale governativa, che ha vanificato il sequestro preventivo della Magistratura.
Parliamoci chiaro: se l’Ilva non assicurasse ancora qualche migliaio di posti di lavoro la stragrande maggioranza della città ne farebbe volentieri a meno! Ritenendo oramai che il futuro di Taranto debba separarsi inevitabilmente dalla grande industria inquinante. Così come, senza partigianeria, ma per condivisione d’indirizzo politico, crediamo che la posizione più vicina al nostro sentire l’abbia espressa Michele Emiliano.
Il Presidente della Regione Puglia, infatti, individua tale drammatica condizione ambientale e di sicurezza sul lavoro nell’attuale sostanziale inconcludenza dei tentativi di ambientalizzazione attuati dal governo nazionale, che ha, per decreto, anche impedito con legge d’urgenza alla Magistratura di pretendere la messa in sicurezza dello stabilimento.
Il Presidente Emiliano, giustamente, alza la voce chiedendo alla Magistratura di verificare la stessa costituzionalità degli ultimi decreti “Salva ILVA”, chiedendo a Renzi di revocare la facoltà d’uso all’interno dello stabilimento sequestrato dalla Magistratura, che i commissari blocchino la produzione a meno che il processo di ambientalizzazione sia portato a termine e la messa in sicurezza della fabbrica sia assicurata in tempi brevi e certi. Chiede da tempo che la fabbrica cambi radicalmente le modalità di produzione, perchè se deve continuare a produrre deve innanzitutto rispettare ambiente, salute e lavoro. Solo dopo viene il profitto.