In Parlamento le proposte “salva grano” del M5S
Ricomincia il dibattito sul futuro del comparto cerealicolo nazionale alla Camera, con l’audizione dei rappresentanti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e dell’Istituto Superiore di Sanità in Commissione Agricoltura nell’ambito del lavoro sulle risoluzioni presentate dai diversi partiti. Tra queste, quelle presentate dal deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S, e dal collega Filippo Gallinella che puntano a “rivedere il meccanismo di formazione del prezzo, sostituendo l’anacronistico sistema delle Borse merci con le Commissioni Uniche Nazionali, in modo da garantire più trasparenza ed equità nei rapporti di forza tra produttori e industriali; favorire l’aggregazione dei produttori agricoli e applicare il Piano proteico nazionale basato sulla rotazione delle colture di grano con le leguminose in grado di potenziare non solo la quantità ma la qualità del grano duro italiano”. Misure su cui si è già registrata, in parte, l’apertura del ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina.
“Riprendiamo la discussione sulla la crisi del grano made in Italy con all’attivo un primo successo per le proposte 5 Stelle a favore del comparto: l’istituzione delle Commissioni Uniche Nazionali contenuta in un nostro emendamento e approvato lo scorso luglio 2015. Manca solo l’ultimo passaggio del parere del Consiglio di Stato – spiega Giuseppe L’Abbate (M5S) – Molto resta ancora da fare ed in questa direzione va il nostro impegno per la ripresa dei lavori in commissione. Come riconosciuto anche dal Crea durante le audizioni in Commissione, inoltre, per poter migliorare la produzione di grano italiano è necessario applicare il Piano proteico nazionale basato sull’uso di leguminose contenuto nella nostra risoluzione – prosegue il deputato pugliese 5 Stelle – Le leguminose (fava, fagiolo, lupino ecc.), infatti, sono preziose per fissare l’azoto nel terreno, sostanza utile a garantire la quantità e la qualità di proteina nel grano sufficiente ad ottenere una pasta ‘al dente’. Oltre a preparare il terreno per le colture del grano le leguminose possono poi essere utilizzate come mangimi per i quali l’Italia dipende quasi interamente da quelli a base di Ogm importati dall’estero. Un piano ancora più urgente se si considera che negli ultimi 50 anni la superficie nazionale dedicata alle leguminose si è drasticamente ridotta passando, ad esempio, da 500mila a 50mila ettari per la fava e a 10mila per il fagiolo e da 25mila a 2400 per la lenticchia”.
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