L’anfiteatro romano e le altre bellezze negate ai tarantini – Intervista a Carmine De Gregorio
TARANTO – «L‘anfiteatro romano è una delle ferite più sanguinanti che mi porto dietro dai tempi in cui ero in consiglio comunale ma soprattutto è l’oltraggio più grande fatto ad un grande storico tarantino che per quell’anfiteatro ha dato tanto tempo della sua vita ovvero Nicola Cippone». A parlare è il cuore di Carmine De Gregorio, grande appassionato di archeologia e presidente dell’associazione “Nobilissima Taranto”, che ha dato un grande contributo alla valorizzazione degli ipogei della città vecchia.
Chi meglio di lui può rappresentare l’indignazione per l’ennesima occasione persa? Un anfiteatro romano, simile a quelli di Lecce e Lucera, giace sotto l’ex mercato coperto di via Anfiteatro, un’area trasformata in tempi recenti in parcheggio a pagamento. Le strisce blu al posto delle straordinarie tracce lasciate dalla storia. I pochi resti sopravvissuti all’occultamento sono relegati in un angolo del parcheggio, in un recinto affianco all’Ufficio Tributi del Comune, tra i rifiuti. Non c’è neanche un cartello per spiegare cosa rappresentano.
Sotto accusa, ancora una volta, la scarsa lungimiranza delle varie amministrazioni comunali che si sono susseguite negli anni. E non solo. Perché Taranto paga a caro prezzo anche la posizione assunta in troppe occasioni da parte della Soprintendenza per i beni archeologici.
«Quella dell’anfiteatro romano è la ferita più grande ma non l’unica – spiega De Gregorio a Inchiostroverde – ultimamente (aprile 2016, ndr) abbiamo subito un altro duro colpo. Durante i lavori di risistemazione della piazzetta lungo il pendio Lariccia sono emerse alcune preesistenze archeologiche di un certo interesse riguardanti l’area dove insisteva l’antico pittaggio Turripenne, proprio nel tratto prospiciente l’antica cinta muraria reimpostata in età bizantina. Abbiamo chiesto all’amministrazione comunale di consentire alla Soprintedenza l’ampliamento dei saggi di scavo a partire non solo dall’indagine dell’ambiente ipogeo esistente ma scavando in altri punti, sotto l’area della piazzetta. Inoltre, abbiamo chiesto la possibilità che al termine delle indagini archeologiche l’area non venga obliterata ma organizzata in parco archeologico e resa fruibile”. Questo l’amaro epilogo della vicenda: «La Soprintendenza non ha posto il vincolo». Il copione, quindi, si ripete, come accaduto tante volte in passato.
Eppure, in questa città, non sono mancati momenti potenzialmente decisivi per imprimere una svolta. De Gregorio cita sopratutto il periodo intorno ai primi anni 2000, quando in via Anfiteatro furono rinvenute ulteriori tracce dell’anfiteatro romano (leggi qui). «Eravamo alla vigilia dei lavori per uno dei tanti progetti avventurosi voluti dalla giunta Di Bello: il Teatro dell’Innovazione (mai andato in porto, ndr) – ricorda De Gregorio – io ero in Consiglio comunale e cominciai a sollevare il problema. Riusciì a visionare delle foto sui reperti in possesso della Soprintendenza e ripresi il sodalizio amicale con lo storico Nicola Cippone che realizzò una ricostruzione grafica, molto rigorosa, del teatro».
Il loro impegno, però, incontrò degli ostacoli. «Cippone divenne bersaglio del mondo scientifico rappresentato dalla Soprintendenza. Una cosa assurda perché la sua ricostruzione era una delle più precise mai realizzate – spiega De Gregorio – nello stesso periodo io presentai delle interrogazioni e con Legambiente iniziai una raccolta di firme mirata a salvaguardare i resti dell’anfiteatro». Uno spiraglio si aprì quando l’allora sindaco Rossana Di Bello mostrò un timido segnale di apertura. «Anche se non aveva una grande volontà di procedere in quella direzione – aggiunge il presidente di “Nobilissima Taranto” – la Di Bello decise di rivolgersi alla Soprintendenza per chiedere lumi. La dott.ssa Antonietta Dell’Aglio (responsabile Soprintedenza, ndr), espresse il suo parere in un articolo uscito sul “Corriere del Giorno”: quei resti – secondo lei – erano scarsi e relativamente significativi».
Fu quella la pietra tombale su un sogno che stava per decollare: Taranto sulla scia di Lecce e Lucera avrebbe potuto avere un anfiteatro romano tutto suo, aperto al pubblico, palpitante di vita ed eventi culturali, come accade altrove.
«Paradossalmente il Comune aveva mostrato più sensibiità della Soprintendenza – evidenza De Gregorio – tutto si bloccò brutalmente. Fu un vero peccato perché si stava vivendo un grande momento di risposta civica». Eppure, qualcosa si poteva realmente recuperare di quell’anfiteatro che si sviluppava su tre livelli. I vari livellamenti della strada, che si sono susseguiti nei decenni, hanno probabilmente compromesso i due livelli più superficiali, ma quello più profondo poteva riservare delle belle sorprese.
«Avremmo potuto avere un anfiteatro simile a quello di Lucera (vedi foto, ndr), si sarebbe potuto sfruttare un camminamento ipogeo – continua De Gregorio – invece tutto è stato abbandonato con un concorso di responsabilità da parte della Soprintendenza che non si è fatta amare da questa città, almeno negli ultimi venti anni». Avere un immenso patrimonio storico e archeologico sotto i piedi e non avere il coraggio di farlo emergere: è stato questo l’approccio che ha condizionato lo sviluppo di Taranto fino ad oggi.
«A parte il mini salvataggio dei reperti in zona Croce, nel rione Tamburi (leggi qui la storia), abbiamo perso tutto – è l’amara constatazione – un’altra ferita è rappresentata dalla masseria “Le Grotte”, a Castellaneta, dove sono state trovate le tracce della più grande fattoria greca. La Soprintendenza ha deciso di chiudere la zona, eppure i proprietari delle masserie presenti nei dintorni erano diposti a dare una mano per consentirne l’apertura. La Soprintendenza, a Taranto,ha sempre avuto un atteggiamento conservativo negando ai cittadini la possibilità di ammirare dei veri e propri tesori così come accaduto per il villaggio dei pescatori di età greca collocato nella zona di Punta Rondinella, nei pressi delle cisterne dell’Eni, dove sono stati rinvenuti anche i pesi che venivano agganciati alle reti. Nell’ambito dei lavori per la Strada dei Moli (porto), chiedemmo all’Autorità Portuale di aggirare quella zona o di fare una sopraelevata, ma alla fine la strada è stata fatta passare da lì».
E nella speranza che tale tendenza si inverta e che giungano tempi migliori, De Gregorio continua la sua opera di valorizzazione del bello. Nella serata del 10 agosto, nell’ambito dell’iniziativa “Ipogei sotto le stelle”, i cittadini di Taranto (e non solo) potranno accedere al secondo piano del monastero di “San Michele”, in città vecchia, per ammirare le colonne doriche, il castello Aragonese e la rada di mar Grande da un’altra prospettiva. Ed è proprio di questo che Taranto ha più bisogno oggi: guardare se stessa e la propria storia da un’altra prospettiva.