“Anche a seguito di un proficuo e costruttivo confronto con il Governo e con i diversi gruppi parlamentari”, il nuovo decreto legge sull’Ilva “risulta notevolmente migliorato rispetto al testo originario”. Lo dichiara Alessandro Bratti (Pd) uno dei due relatori di maggioranza (con Cristina Bargero del Pd) del decreto relativo a misure per l’Ilva. Il decreto, emendato, e’ stato già approvato dalle commissioni Ambiente e Attivita’ produttive della Camera e in questa settimana dovrà ricevere il voto dell’aula di Montecitorio per passare poi al Senato per la definitiva conversione in legge.
“Siamo in presenza di un ulteriore provvedimento – precisa Bratti che è presidente della commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti – e questo, come piu’ volte detto, e’ inevitabile perché per poter garantire il prosieguo dell’attività economica e nel contempo provvedere ad un risanamento ambientale serio e realisticamente possibile le procedure esistenti non potrebbero consentire tale percorso. Troppe e complesse erano le problematiche lasciate in eredita’ dal gruppo Riva”.
“Da questa considerazione – osserva – si sono sviluppate le numerose deroghe alle norme ordinarie in campo ambientale e giuridico che troviamo in questi decreti. Tutto questo in una situazione di crisi che ha investito la siderurgia mondiale e in una situazione di competitività molto accesa. Si poteva scegliere una strada diversa? Difficile a dirsi – rileva ancora Bratti – sicuramente una cosa non si poteva fare: chiudere o meglio far chiudere gli stabilimenti Ilva. Questo, si badi, non solo per una questione occupazionale, molto importante, ma anche per una questione ambientale”.
Il nostro Paese e’ purtroppo pieno di situazioni che hanno prodotto siti “cosiddette orfani” – rileva ancora Bratti – si pensi alla vicenda della Caffaro che ha riguardato Tor Viscosa, La Valle del Sacco, Brescia che ci ha lasciato in eredita’ centinaia di ettari e vaste aree di falde contaminate che richiedono centinaia di milioni di euro per essere bonificate che ricadono sulle spalle del pubblico e che continuano a costituire un pericolo ambientale” Bratti ha quindi parlato di “un percorso quindi coraggioso a volte originale che presenta sicuramente delle situazioni sicuramente discutibili ma a nostro giudizio in questa fase inevitabili” sottolineando che “viene ad essere centrale, e non potrebbe essere diversamente, l’attuazione del piano ambientale”.
Nel nuovo testo del provvedimento, di quattro articoli in tutto, adesso, in riferimento alle prescrizioni ambientali per l’Ilva, si prevede “in primo luogo che, qualora le offerte presentate nel termine del 30 giugno 2016 comportino modifiche o integrazioni al piano approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 marzo 2014 o ad altro titolo autorizzativo necessario per l’esercizio degli impianti, i relativi progetti di modifica e le proposte di nuovi interventi siano valutati da un comitato di esperti che può avanzare, a ciascun offerente, una richiesta di integrazione della documentazione prodotta in sede di offerta”.
Questo, precisa Bratti, “affinche’ fornisca gli ulteriori documenti necessari, compresi i documenti progettuali, i cronoprogrammi di realizzazione, comprensivi della richiesta motivata di eventuale differimento, non oltre 18 mesi, del termine ultimo per l’attuazione del piano, l’analisi degli effetti ambientali e l’analisi dell’applicazione delle Bat Conclusions, con espresso riferimento alle prestazioni ambientali dei singoli impianti come individuate dall’offerta presentata”.
E ancora, nel nuovo testo del decreto legge fa notare ancora il relatore del decreto “e’ stato inserito un periodo volto a disporre che “tale facoltà” (e quindi la facoltà del comitato di chiedere, a ciascun offerente, l’integrazione documentale) deve essere esercitata nel rispetto della parità dei diritti dei partecipanti”. Di conseguenza, “l’offerente deve accettare tutte le risultanze determinate dagli esperti”. “La fase finale della procedura – spiega Bratti riferendosi alla cessione del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria – si svolge dopo l’adozione del decreto del ministro dello Sviluppo economico che individua il soggetto aggiudicatario.
L’aggiudicatario, in qualità di gestore dello stabilimento, può presentare una domanda di autorizzazione dei nuovi interventi e di modifica del piano del 14 marzo 2014, o di altro titolo autorizzativo necessario per l’esercizio dell’impianto, sulla base dello schema di piano accluso alla propria offerta vincolante definitiva”. “Viene svolta poi – aggiunge – un’istruttoria da parte del comitato di esperti che deve tener conto non solo dei valori limiti imposti dalla normativa europea, ma deve essere anche congruente al vecchio piano semimodificato. A nostro giudizio – conclude Bratti – poiché l’eventuale nuovo piano costituirà la nuova Aia, questa non potra’ che essere nel suo complesso piu’ tutelante dal punto di vista ambientale rispetto al piano del marzo 2014”. (Agi)
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