Non è un mondo per rallentati

 

Mi è capitato giorni fa di fare al volo un po’ di spesa in un grande supermercato. All’uscita, giunta al parcheggio dove era la mia auto, ho notato che, la macchina accanto, sulla mia sinistra, aveva lo sportello posteriore aperto, che quasi sfiorava la mia carrozzeria e dal quale sporgeva il posteriore di una donna anziana alle prese probabilmente con la sistemazione delle sue buste colme o forse alla ricerca disperata di qualcosa che aveva perso tra le pieghe dei sedili.

Gentilmente ho chiesto una prima volta “permesso”, ho atteso qualche secondo ma non ho ricevuto nessuna risposta e nemmeno ho notato un qualche minimo cambiamento di posizione. Quindi mi sono schiarita la voce e ho riprovato modificando il mio tono, ma anche questa volta non è accaduto nulla. Ho concluso che probabilmente l’anziana signora doveva avere problemi di udito. E fin qui tutto nella norma. Quindi, ho chiesto nuovamente permesso alzando maggiormente il tono della voce e formulando una frase più completa, del tipo: “signora, cortesemente può farmi passare?”convinta che almeno questa volta ce l’avrei fatta. Ma mi sono sbagliata.

La donna ha continuato imperterrita a fare quel qualcosa che stava facendo all’interno del suo abitacolo e mantenendo la sua collocazione ben ferma. A quel punto avevo due stati d’animo contrastanti che volevano farsi strada in me. Da una parte ero sul punto di farmi una fragorosa risata, perché la scenetta era davvero grottesca. Ma d’altro canto mi sentivo leggermente infastidita. Avevo i minuti contati. E non potevo permettermi di attendere e fare tardi. Così ho deciso di posare la mia mano sul fianco della tipa che, spaventata per quello sfioramento insolito, ha sobbalzato e nel cercare di tirarsi fuori dall’abitacolo per vedere chi stesse richiamando la sua attenzione, ha urtato anche leggermente il capo.

Ho sorriso per tranquillizzarla mentre lei mi guardava insospettita dietro i suoi occhiali spessi, e le ho chiesto se poteva gentilmente permettermi di entrare nella mia auto e farmi andare via. Si è spostata rapidamente e mi ha lasciata passare. Entro finalmente in macchina, metto in moto, ingrano la retromarcia e fortunatamente, prima di ripartire come un razzo, mi accorgo che la donna, fuori, si era tranquillamente rituffata nel suo abitacolo mostrando a tutto tondo il suo posteriore ma soprattutto aveva riadagiato il suo sportello contro la mia carrozzeria. Ho dato un colpo di clacson e finalmente la donna ha compreso che forse era rimasta un po’ troppo a lungo assorta nel suo da fare senza considerare il mondo intorno a lei.

Guidando sulla strada del ritorno, mi sono chiesta più volte se non avessi avuto così fretta, cosa avrei potuto fare? Forse attendere pazientemente che la signora sbrigasse il suo da fare facendomi una passeggiata per i negozi del centro commerciale o ancora meglio, chiederle se aveva bisogno di una mano e magari poi intrattenermi a conversare con lei, scoprendo, chissà, particolari interessanti di una vita apparentemente banale. Ma mi sono chiesta anche, se in quel frangente anziché io, che pure già cominciavo a spazientirmi, ci fosse stato qualcun altro più intollerante alle limitazioni altrui e alle più lievi frustrazioni personali, maggiormente arrogante e sbrigativo, che fine avrebbe fatto l’anziana donna con il suo poderoso posteriore? Ma la riflessione è andata anche oltre.

Questo è un tempo che corre veloce e non è solo questione di giorni, ore o minuti. È un tempo che si snoda velocemente attraverso tecnologie che cambiano e si evolvono rapidamente. Ciò che va bene oggi e magari abbiamo già impiegato un bel po’ ad apprendere, domani è obsoleto. Dobbiamo ricominciare a studiarci nuovi manuali o ad apprendere un nuovo sistema operativo, per arrivare poi a cestinarlo nuovamente in brevissimo tempo. E chi non ha queste capacità, perché immerso ancora in un proprio tempo antico, fatto di lentezza, chiacchiere amene con gli amici e i vicini, di guida a settanta all’ora, di appunti presi con carta e penna, lettere scritte con la bic o la stilografica e conti di spesa fatti con le dita sulla punta del naso o su vecchie calcolatrici, che destino hanno e avranno?

Purtroppo, si corre e chi non riesce a farlo, chi necessita di intervalli più umani e personali resta indietro, anzi viene fatto fuori e non solo fisicamente ma anche mentalmente. Capita un po’ a tutti, ad esempio, di imbattersi in post più lunghi sui social. Magari all’inizio ci appaiono interessanti perché hanno un titolo accattivante, cominciamo a leggerli, ci sforziamo di andare avanti almeno qualche altro secondo ma poi, chiudiamo o cancelliamo quel post. Anzi, a volte cancelliamo dalla nostra lista di amici anche colui che lo ha redatto.

Probabilmente poi ci perdiamo il meglio. Ci rendiamo conto che se fossimo andati fino in fondo avremmo scoperto qualcosa di interessante. Ma intanto è così. E ci diciamo che non è colpa nostra bensì di chi non riesce a diventare figlio del suo tempo e si ostina ad andare adagio. Spesso ci sentiamo infastiditi dalla lentezza altrui perché sembra intralciare il nostro cammino a passo spedito. Ma per andare dove? Abbiamo almeno un momentino per chiedercelo? Beh, sicuramente sì. Solo che poi per trovare la risposta ci vogliono altri minuti preziosi e questi no, proprio non possiamo permettercelo. Quindi sorvoliamo, su tutto e tutti. Ma spero comunque che siate riusciti ad arrivare fin qui.

A cura di Elisa Albano

Psicologa – Scrittrice

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Elisa Albano

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Elisa Albano

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