TARANTO – «La capacità di sopportazione della popolazione è al limite». Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, oggi ha lanciato una provocazione in audizione davanti alle Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive, sulla conversione in legge del decreto nº 98 recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo Ilva.
«Vorrei rappresentarvi l’enorme dolore di questa terra – ha continuato Emiliano nel suo intervento – per cogliere fino in fondo che cosa significa vivere a ridosso dello stabilimento. La comunità ci chiede dal punto di vista sanitario uno sforzo enorme e Taranto sta facendo uno sforzo al di là dell’umano per sostenere un impianto che il governo ha ritenuto strategico per le esigenze della produzione nazionale».
Il governatore ammette «che questa esigenza della produzione nazionale deve essere resa compatibile con i principi costituzionali e con la possibilità effettiva di sopravvivenza sul territorio, perché oltre la costituzionalità ci sono i cittadini che vivono a contatto con emissioni pericolose. Alle famiglie interessa vivere e non produrre per morire».
Mentre i cittadini di Taranto sono ancora stretti nella morsa soffocante salute-lavoro, c’è una seconda valutazione che il presidente Emiliano espone alle commissioni.
«Applicare le stesse norme della Terra dei Fuochi» per contrastare l’inquinamento provocato dalla fabbrica d’acciaio non basterebbe, perché «non è lo Stato che ha deciso di inquinare la Campania». A Taranto invece «è lo Stato che per esigenze produttive deve continuare a inquinare». Una differenza che suona come una condanna. «È evidente che dobbiamo adottare tutte le cautele possibili e tentare di controbilanciare la tutela del diritto alla salute dal punto di vista socio-sanitario».
Il problema sarebbe rappresentato dal fatto che «vi diranno che le emissioni attualmente non sono pericolose come in passato, ma il disinquinamento parte con la cessazione della fonte dell’inquinamento, tutt’ora però attiva a Taranto. Riambientalizzazione è un termine che adopero veramente a fatica». Emiliano ricorda il provvedimento che prevedeva lo spostamento della coltivazione delle cozze dal primo seno del mar Piccolo al mar Grande, per scongiurare il pericolo diossina.
E introduce il tema della decarbonizzazione degli impianti, che da tempo ormai caldeggia, a favore della riconversione totale a gas: «Se continuiamo ad adoperare il carbone le conseguenze sono queste, se viceversa utilizziamo un altro combustibile possiamo pensare di abbattere le emissioni a zero». Per Emiliano il gas rappresenterebbe una «buona soluzione», un’ipotesi già appoggiata anche da Federacciai che però punterebbe in realtà a un sistema misto. Alimentare Ilva e Centrale Enel a gas, significherebbe utilizzare «tre miliardi e mezzo di metri cubi di gas proveniente dal gasdotto Tap».
Concludendo la sua audizione, Emiliano fa riferimento anche al processo Ilva per disastro ambientale, in cui la Regione Puglia è parte civile: «Significa che le spetta una capacità e una facoltà di sollecitare la rimessione della questione di costituzionalità alla Corte che è più vasta di quella del semplice conflitto di attribuzioni che ci spetta come istituzione, quindi potremmo chiedere alla Corte d’Assise di impedire la facoltà d’uso della fabbrica se vi fosse un assetto normativo che non garantisce il diritto alla salute».
Resta in piedi l’ipotesi del Piano B: «Lavorare sull’ipotesi di riconversione dell’area sul modello di quello che è accaduto in altri paesi europei è saggio: con il gas e il preridotto la superfice dell’Ilva si ridurrebbe a meno della metà e si potrebbe partire con la bonifica se le emissioni sono pari a zero».
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