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Effetto-Brexit, Confagricoltura Taranto: uva, vino, olio e ortaggi i settori “sensibili” del made in Puglia

 

«L’effetto-Brexit sul nostro export va tenuto d’occhio, ma la Pac potrà essere riequilibrata a favore del Sud Europa». L’addio del Regno Unito all’Unione Europea, per ora solo formale, nei prossimi due anni «potrebbe aprire scenari nuovi per le aziende agroalimentari esportatrici pugliesi e per l’Italia». La pensa così Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto, scorrendo i dati Ismea sul commercio estero con la Gran Bretagna.

L’attenzione dell’associazione di categoria cade sui grandi numeri, in particolare sul saldo dell’interscambio ampiamente positivo per l’Italia: più 2,6 miliardi, a fronte di 3,2 miliardi di export e “solo” 626 di importazioni, con un trend in crescita assestato ben oltre l’8% tra il 2015 e il 2014. Per l’agroalimentare di Puglia, che ammonta all’incirca al 3 per cento del totale, i settori “sensibili” sono diversi: la frutta fresca, che nel 2015 ha prodotto esportazioni italiane in Gran Bretagna per 111 milioni (+17,7% rispetto al 2014); il vino, in particolare dop e igp, con un export di 407 milioni (-3,1%); gli ortaggi freschi, 92 milioni (+7,5%).

«Ciò che ci fa tenere le antenne ben dritte – spiega Lazzàro – è che questi settori presentano, in gran parte, tendenze di crescita marcatamente positive. Penso ai 28 milioni di euro d’uva da tavola esportata nel Regno Unito nel 2015, in crescita del 21,7% rispetto all’anno precedente, oppure all’olio d’oliva, il cui export vale 56,7 milioni ed è aumentato in un anno dell’11,8%».

Insomma, tra la svalutazione della sterlina – un’arma in mano alle aziende che esportano, un problema in direzione opposta – e la concreta possibilità di nuovi dazi e barriere non tariffarie, il futuro del commercio con il Paese d’Oltremanica è, per Lazzàro, «ancora tutto da decifrare».

«Qualche oscillazione – sottolinea – va messa in conto. Tuttavia, la penso come chi, in Europa, sostiene che i flussi commerciali non subiranno grandi scossoni. Bisogna, infatti, tener presente che i gusti dei consumatori, le abitudini, la qualità dei nostri prodotti, ad esempio nel settore biologico che è in forte crescita in Nord Europa e Gran Bretagna, non si cambiano così repentinamente. Non è solo una speranza ma un ragionamento basato su esperienza e dati economici».

Sul versante della Politica Agricola Comune (Pac), invece, saranno gli agricoltori inglesi a doversi preoccupare: «Perderanno i contributi europei – conferma il presidente di Confagricoltura Taranto –. Dal nostro punto di vista, è vero che al bilancio Pac verrà a mancare il contributo inglese, all’incirca 3 miliardi di euro, ma è ipotizzabile un favorevole riequilibrio interno. Nella futura revisione del bilancio Pac, infatti, non ci sarà uno dei Paesi più impegnati nell’imporre una politica agricola Ue a trazione nord-europea e più restio ad avallare le richieste, a tutela della qualità e dell’etichettatura d’origine dei prodotti, provenienti dal versante mediterraneo dell’Ue. Il Nord Europa perderà “peso” rispetto al Sud: e questo – conclude Lazzàro – andrà a tutto vantaggio dell’Italia».

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