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Decreto Ilva, Legambiente chiede modifiche al decreto

 

Legambiente ha trasmesso le sue osservazioni critiche sul decimo decreto Ilva ai presidenti della Commissione Ambiente e della Commissione Attività produttive della Camera dei deputati, che ne hanno iniziato congiuntamente l’esame 

“Sono diversi, a nostro avviso, i punti critici del decimo decreto Ilva che vanno profondamente modificati se si vuole effettivamente contemperare, per i cittadini di Taranto e per i lavoratori dello stabilimento siderurgico, il diritto alla salute e all’ambiente con il diritto al lavoro e le esigenze produttive”, esordisce la lettera dell’associazione ambientalista in merito al decreto legge 9 giugno 2016, n.98, “Disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA”.

Il decreto specifica le procedure con cui chi presenterà una offerta vincolante potrà richiedere modifiche o integrazioni al Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria vigente e un differimento fino a 18 mesi del termine ultimo di attuazione delle prescrizioni previste.

Per Legambiente questo comporterà un’ulteriore slittamento delle scadenza per le misure ambientali. Il primo effetto di tale disposizione è quella di fornire una giustificazione all’ulteriore slittamento dell’attuazione delle più importanti misure previste dall’AIA, con ulteriori ritardi e blocco degli interventi” dice la lettera.

“Chiediamo che nel decreto venga esplicitamente indicato l’obbligo per la struttura commissariale a portare avanti gli interventi compatibili con le modifiche e integrazioni proposte al Piano Ambientale e l’utilizzo dei previsti finanziamenti statali per complessivi 800 milioni di euro”.

Si assisterà, altrimenti, secondo l’associazione, all’ennesima proroga di un termine già più volte slittato, a fronte peraltro della mancata attuazione di molte delle più rilevanti prescrizioni contenute nel Piano Ambientale: dalla copertura dei parchi minerali al rifacimento delle cokerie.Con il rischio di dare una patente di legalità al funzionamento di impianti che, da tempo, avrebbero dovuto essere oggetto degli importanti interventi previsti dalla Autorizzazione Integrata Ambientale. E’ importante, invece, che le eventuali proroghe concesse siano accompagnate da un calendario vincolanteche preveda, in caso di ulteriori ritardi, la chiusura degli impianti interessati e la loro rimessa in funzione solo una volta effettuati gli interventi A.I.A.

Legambiente sottolinea che occorre consentire solo le modifiche al Piano Ambientale che rispondono a un Piano industriale che preveda una profonda innovazione nel processo produttivo, investendo in tecnologie meno impattanti, in totale e progressiva sostituzione di quelle attuali basate sul ciclo del carbone.

Un’ulteriore osservazione riguarda la necessità di potenziare le strumentazioni e gli organici a disposizione di ARPA Puglia e specificatamente del dipartimento di Taranto, che ha un ruolo essenziale per la prevenzione dei reati ambientali e per il monitoraggio di tutte le autorizzazioni ambientali relative agli stabilimenti industriali presenti nel territorio jonico. Disposizioni annunciate l’anno scorso in sede di conversione del decreto, ma che non hanno ancora visto la luce. Ora, anche alla luce dell’approvazione della legge sul Sistema nazionale delle agenzie ambientali avvenuta di recente, “sarebbe davvero incredibile se ancora una volta il Parlamento decidesse di mantenere in stato di palese inadeguatezza proprio la struttura deputata ai controlli ambientali del territorio dove hanno sede i principali impianti dell’Ilva”.

Infine, un altro punto che Legambiente ritiene fondamentale modificare è quello che estende all’affittuario o all’acquirente le norme riguardanti i limiti alla responsabilità penale o amministrativa prevista per il Commissario straordinario. “E’ un elemento che, nella sua formulazione, non può non destare gravi perplessità potendosi arrivare a ipotizzare una sorta di inaccettabile irresponsabilità per tutti gli atti compiuti. Noi riteniamo che i limiti alla responsabilità vadano perciò meglio specificati per evitare possibili interpretazioni che configurino una sorta di licenza a inquinare incompatibile con il diritto alla salute da parte dei cittadini e dei lavoratori”.

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