Ilva, Fim Cisl: “No alla nazionalizzazione. Cessione tra ottobre e novembre”
A seguito della richiesta di incontro avanzata il 14 giugno, i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm hanno incontrato questa mattina, nella sede del Ministero dello Sviluppo Economico, il ministro Calenda, insieme al viceministro Bellanova per discutere della delicata e complicata vertenza Ilva.
“Nell’incontro – fa sapere la Fim Cisl – sono emersi i punti critici dello stato attuale e le preoccupazioni in merito alla questione cessione/vendita della stessa Ilva e non ultimo il decimo decreto che ovviamente ha rimescolato le carte in tavola, suscitando notevole preoccupazione. Il ministro ha chiarito che il piano ambientale, una funzione del piano industriale, risulta essere di fondamentale importanza e che gli interessati hanno tempo sino al 30 giugno per presentarlo.
Il governo deve fare una seria valutazione dell’offerta economica del piano. Tra l’altro, lo stesso si impegna ad assicurare risorse per la gestione della stessa Ilva e non intende fare cessioni o assegnazioni al buio escludendo la strada della nazionalizzazione. La cessione sarà realizzata intorno a fine ottobre/primi giorni di novembre, dopo che il comitato di esperti avrà valutato tutti i piani presentati.
Il governo ha ribadito che la strada della nazionalizzazione risulta impossibile e che l’intenzione non è quella di affidare l’Ilva a società per poi successivamente chiuderla. Anzi, se vi sono osservazioni di merito suggerimenti o punti critici che meritano valutazioni o interventi, c’è la disponibilità ad intervenire.
La Fim, sin dal primo giorno, ha ritenuto la strada della nazionalizzazione impercorribile e non utile a risolvere in tempi stretti, le problematiche che ancora oggi – vedi la questione ambientale, le manutenzioni sugli impianti – di necessaria importanza per la tenuta, ma sopratutto per la sicurezza dei lavoratori che operano all’interno dello stabilimento, visto anche gli ultimi infortuni verificatisi. La questione ambientale è di fondamentale importanza. Occorre un serio piano ambientale che possa rendere effettivamente lo stabilimento ecocompatibile, con il rilancio della fabbrica senza nuocere ai lavoratori che operano all’interno della stessa e dei tarantini”.