Nella provincia di Taranto la situazione dei rifiuti si starebbe aggravando a tal punto che l’emergenza non sarebbe più soltanto ambientale ma soprattutto sanitaria. Una realtà drammatica che è la somma dell’azione di numerosi impianti tra discariche e inceneritori presenti sul territorio, che vivono da tempo al limite della legalità, tra autorizzazioni e raddoppi che non tengono conto delle ripercussioni sulla salute dei cittadini.
Miasmi che ammorbano l’aria, esalazioni che non feriscono solo le narici, una puzza irrespirabile che lentamente contamina il corpo. Tutto avviene nel silenzio delle amministrazioni, della politica, e l’assenza del dibattito che ne deriva è colmata dall’impegno dal basso dei comitati, pronti a sollevare la questione, raccogliere dati e informazioni e ricostruire le zone d’ombra di una gestione che mostra pericolose falle.
La denuncia dei comitati territoriali della Provincia di Taranto e dei medici Isde evidenzia come “la Puglia è una Regione che non adeguandosi alle leggi in materia di rifiuti, in quanto non raggiunge il 65% di raccolta differenziata previsto entro il 31 dicembre 2012, vive in costante emergenza”. La provincia che più di altre subisce questa emergenza è quella di Taranto dove “l’amministrazione provinciale ha autorizzato un numero di impianti di gran lunga superiore al proprio fabbisogno”.
Nel 2014 – si legge – sono stati smaltiti in provincia di Taranto oltre 1,12 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e speciali: di questi, 618.982 tonnellate sono di rifiuti urbani smaltiti, mentre solo 205mila sono quelli prodotti dal territorio tarantino. La provincia di Taranto “nonostante produca meno rifiuti rispetto ad altre – spiega Giovanni Vianello di Beni Comuni Taranto – è quella in cui vengono smaltiti il maggior numero di rifiuti urbani”.
La situazione si starebbe aggravando, aggiunge l’attivista, perché “temiamo che in seguito alla chiusura delle discariche di Giovinazzo, di Cavallino, della Nubile nel brindisino, i rifiuti – vedendo le ordinanze di questi ultimi mesi – vengano conferiti tutti a Taranto”. Timori giustificati dal numero elevato di impianti autorizzati “soprattutto dall’ente Provincia da dieci anni a questa parte: discariche, inceneritori, procedure di raddoppi come Italcave a Statte, oppure a Grottaglie, a Massafra per quanto riguarda l’inceneritore”.
Torniamo all’allarme per la salute, ormai alto e preoccupante. Gianfranco Orbello, presidente Isde Taranto, si rivolge al sindaco Stefàno perché “non capisco come voglia aprire, solo per colmare i disavanzi dell’Amiu, un altro inceneritore, dal momento che è dimostrato che sono tossici, portano morte e malattie. Il servizio epidemiologico dell’Asl ha pubblicato uno studio del 2015 che evidenzia – tra le altre cose – il numero abbastanza alto di casi di demenza nella città di Taranto e della provincia”.
Nel documento in cui si chiede un incontro urgente a Michele Emiliano “i medici hanno parlato di mappe epidemiologiche e di istituzione del registro delle malformazioni congenite anche nei nati pretermine”. Ma questi studi epidemiologici vengono considerati nel momento in cui si discute di un procedimento amministrativo per il raddoppio di una discarica o di un inceneritore? E cosa fa Arpa Puglia?
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