Piano ospedaliero Taranto, Gorgoni: “Considereremo tutti i miglioramenti”

Il direttore del dipartimento Promozione della Salute della Regione Puglia, Giovanni Gorgoni, attraverso una nota, entra nel merito della complessa definizione del Piano di riordino ospedaliero, con particolare riferimento alla provincia di Taranto. La pubblichiamo integralmente.

“Il complesso lavoro di definizione del riordino ospedaliero (che è stato poi deliberato e inviato al Ministero) ha cercato di definire una rete che, contestualmente, tenesse conto del fabbisogno locale, della rete di offerta di partenza, delle disponibilità finanziarie e della volontà di rendere il lavoro il più partecipato possibile. Tutto questo in soli due mesi.
Nel momento in cui è stato varato, sapevamo che non era la rete ospedaliera perfetta ma una buona impalcatura da rifinire e integrare gradualmente.

L’importante era che reggessero il numero e la distribuzione dei nodi della rete: ospedali di secondo livello, ospedali di primo livello e ospedali di base. Già all’indomani della delibera sono emerse – suggerite da operatori disinteressati – delle incongruenze: la distribuzione dei posti di psichiatria, di terapia intensiva neonatale, di gastroenterologia e così via. Altri utili rilievi sono venuti anche dalla commissione consiliare sanità e direttamente dai territori.

Tutti i miglioramenti saranno presi in considerazione per rendere la rete più aderente alle esigenze del territorio, ma con una delle cautele citate precedentemente: non si può risarcire un territorio in pochi mesi provocando squilibri di vario tipo sulla rete esistente e senza, soprattutto, condividerne preventivamente l’impatto con chi ne pagherebbe il prezzo più alto. E ci riferiamo all’invito a spostare, dall’oggi al domani, interi reparti tra territori lontani o a svuotare il privato esistente a vantaggio del pubblico da creare. In questa cornice si inseriscono le rimostranze tarantine cui il Ministero ha risposto e che passiamo ad analizzare.

Intanto la relazione ministeriale chiarisce che il parametro di 3,7 posti letto per mille abitanti è un limite massimo su base regionale e non provinciale. Questo significa innanzitutto che non rappresenta un ‘diritto minimo’ né per la Regione né per i singoli territori ma un limite da non valicare. Il Ministero rimanda alla programmazione regionale la modulazione del numero dei posti letto tra i territori in base ai livelli essenziali di assistenza. Noi aggiungeremmo, a maggiore chiarezza, che la distribuzione va fatta in base al fabbisogno effettivo della popolazione locale.

A quest’ultimo riguardo si fa presente che i recentissimi dati di ricovero del 2015 dei cittadini pugliesi, ovunque effettuati, ci dicono che alla Puglia servirebbero 11.400 posti letto contro i 13.000 programmati e, nel caso della provincia di Taranto, 1.600 contro i quasi 1.700 programmati. Come appare chiaro il parametro nazionale dei 3,7 posti letto è lontanissimo e giustamente è un limite massimo.

Nella programmazione della rete si è ritenuto, a buon senso, di dover tenere più alto il numero di posti letto rispetto alle necessità per non squilibrare la situazione di partenza, per compensare i picchi stagionali di occupazione dei posti e perché non siamo ancora in grado di ottimizzare tutti i letti della Regione, per cui si assiste in corso d’anno a sovrautilizzi in alcuni ospedali e dispendiosi sottoutilizzi in altri.

E veniamo al dettaglio delle lamentate penalizzazioni tarantine. Si lamenta una carenza di posti letto per lungodegenza, ma lo stesso Ministero segnala che il riordino li aumenta su Taranto da 21 a 24 pur nella consapevolezza che i ricoveri di questo tipo del 2015 si sarebbero potuti fare su 14 posti letto massimo. La relazione ministeriale riporta ancora l’aumento, da 238 a 255, dei posti di post-acuzie effettuata dalla Regione senza esprimersi, ovviamente, sulla congruità degli stessi: il fabbisogno storico più recente (2015) a noi noto ammonta a 253 posti massimo, quindi saremmo in linea.

Sulla lamentata assenza di letti di chirurgia toracica sulla provincia di Taranto il Ministero chiarisce preliminarmente che si tratta di disciplina di alta specializzazione e che, come tale, va prevista in pochi centri soprattutto per consentire quel volume di ricoveri che assicura migliore esperienza e apprendimento alle equipe e maggiore efficacia e sicurezza ai pazienti. In Puglia possiamo avere massimo 5 unità di chirurgia toracica e noi ne abbiamo previste 6. Questi sei centri non sono equamente distribuiti ma hanno sviluppato esperienza pluriennale e investimenti in capitale umano e tecnologico. Si possono redistribuire? Certamente si, ma non in due mesi e non unilateralmente. A tal riguardo il fabbisogno dei tarantini è di circa 9 posti letto contro i 30 di Bari, i 22 di Foggia, i 14 di Lecce, i 9 della BAT e i 6 di Brindisi.

E veniamo in ultimo ai posti di pneumologia: sulla provincia sono stati programmati 37 posti letto, tutti nel privato accreditato e con un fabbisogno appropriato di massimo 28 posti letto. Una rimodulazione tra pubblico e privato si può senz’altro fare se questo significa portarli più vicini alla domanda (la città di Taranto, per esempio) e se le strutture esistenti sono in grado di contenere tutti i desiderata. Si tenga conto che il Santissima Annunziata di Taranto è stato qualificato come ospedale di secondo livello senza averne tutte le caratteristiche e senza averne la capienza (390 posti letto circa contro i 600 almeno di un hub). Si è ritenuto di tenere questa qualificazione, anche in una collocazione geografica non ottimale per i flussi dell’emergenza-urgenza, come abbrivio al futuro San Cataldo da 700 posti.

In conclusione, non è che la provincia di Taranto non abbia delle oggettive carenze. Ne ha di insospettabili che abbiamo decifrato solo con un recente supplemento di indagine: cardiologia, ematologia, gastroenterologia, medicina generale, nefrologia, neuroriabilitazione, oncologia e pediatria. Una rete ospedaliera di una regione da oltre 4 milioni di abitanti non si definisce nei minimi particolari una volta sola per i futuri dieci anni. Se ne consolidano i punti cardine (i nodi), si traghetta gradualmente l’esistente e si integra l’offerta nuova più aderente al territorio. Su quest’ultimo punto il lavoro è solo all’inizio, non abbiamo mai smesso di analizzare e nulla è stato confezionato in via definitiva. E per una volta non si è parlato dei limiti economico-finanziari che sono l’ineludibile ombra di ogni decisione di amministrazione pubblica”.

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