TARANTO – Il lungo percorso giudiziario che attende imputati e parti civili, avvocati e semplici cittadini in attesa di giustizia, ha già fatto capire di quanti ostacoli è disseminato. Il processo sul presunto disastro ambientale provocato dall’Ilva è ri-partito questa mattina davanti alla Corte d’Assise di Taranto dopo che per un vizio procedurale il dibattimento era regredito di nuovo all’udienza preliminare. Il gup Anna De Simone confermò e poi dispose ancora il rinvio a giudizio per 44 persone fisiche e tre società. Nell’aula Alessandrini del tribunale di Taranto, davanti al presidente Michele Petrangelo, era presente anche il governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano: «La Regione Puglia – ha dichiarato – è parte civile in questo processo e quindi lo seguirà con attenzione. Ci coordineremo nell’attività istruttoria con la Procura della Repubblica e con le parti civili. Cercheremo di consentire al processo di procedere più velocemente possibile. Poi la Regione Puglia farà le sue richieste di risarcimento danni nei confronti degli imputati che riterrà responsabili». Accanto a lui il procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo. «È un processo molto impegnativo – ha detto in una breve dichiarazione – siamo animati tutti da uno stesso obiettivo: riuscire ad avere in tempi rapidi una sentenza che accerti la verità».
Dopo l’appello delle parti e dopo che gli avvocati hanno presentato nuove richieste di costituzione di parti civili (che saranno poi affrontate nella prossima udienza), tra cui quella del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, è stato eccepito dalla difesa di Cesare Corti un problema di notifica all’imputato. In particolare, una notifica riguardava l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare dinanzi al gup De Simone, mentre l’altra il decreto che dispone il giudizio dinanzi alla Corte d’Assise. Le notifiche sarebbero state effettuate presso un domicilio diverso da quello dichiarato dall’imputato. Il presidente Petrangelo, al termine di una lunga camera di consiglio, ha accolto parzialmente la questione sollevata dal legale di Corti, precisamente quella sulla irregolarità della notifica del decreto che dispone il rinvio a giudizio. Il processo riprenderà il 14 giugno ma la posizione di Corti non è stata comunque stralciata.
Prima di risolvere questa eccezione, la corte si è pronunciata su un’altra questione. L’avvocato che difende l’ex responsabile dei rapporti istituzionali dell’Ilva, Girolamo Archinà, aveva chiesto il rinvio di questa udienza o la possibilità di interloquire sulle costituzioni di parti civili in una successiva udienza, giustificando la richiesta sostenendo di essere legittimamente impedito in quanto impegnato in Corte di Cassazione in difesa di un imputato detenuto. Anche in questo processo c’è un imputato detenuto, ma il decreto di fissazione del processo di Ambiente Svenduto era noto all’avvocato prima che ricevesse quello della Corte di Cassazione. Sulla base di questi elementi la richiesta di differimento è stata rigettata perché si dà precedenza al decreto che viene conosciuto per primo.
Si torna in aula, dunque, il 14 giugno ma adesso l’attenzione si sposta a Strasburgo dove lo Stato italiano è formalmente sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti umani, accusato di non aver protetto la vita e la salute dei tarantini. E forse non è il solo.
Nicola Sammali
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