Ilva, quando sarà ufficiale la verità sul caso diossina?
TARANTO – «Sono in corso analisi e campionamenti, i cui risultati non sono ancora stati formalmente comunicati al Ministero dell’Ambiente». E’ di pochi minuti fa l’ultima notizia che ci arriva dall’Ispra in merito all’indagine affidatale dal ministero dell’Ambiente sul caso diossina che ha interessato nelle scorse settimane la città ionica e sul quale, ultimamente, sembra essere calato uno strano e imbarazzante silenzio.
InchiostroVerde, però, ha continuato a tenere i riflettori accessi sulla questione con l’unico obiettivo di capire davvero cosa è successo nel deposimetro della rete Ilva di via Orsini (rione Tamburi) tra novembre 2014 e febbraio 2015, periodo in cui si sono verificate delle anomalie che hanno comportato dei picchi di 791 picogrammi su metro quadro. Valori secondi soltanto al disastro di Seveso.
Lo scorso 23 marzo, in occasione della sua visita allo stabilimento Ilva di Taranto per il Precetto Pasquale, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti aveva dichiarato: “Abbiamo incaricato la nostra società Ispra, Istituto superiore per la protezione ambientale, di effettuare una indagine sui picchi di diossina registrati al rione Tamburi di Taranto e stiamo aspettando i risultati che dovrebbero arrivare nel giro di qualche settimana”.
Da allora, è passato circa un mese. Arco di tempo durante il quale siamo tornati a contattare Arpa Puglia, nella persona del dottor Massimo Blonda, direttore scientifico, chiamato a guidare l’Agenzia in attesa della nomina del nuovo direttore generale che prenderà il posto di Giorgio Assennato.
Ecco cosa ci aveva comunicato il 15 aprile scorso: «Siamo ancora in fase di elaborazione dei dati: si tratta di un’attività molto complessa. Quando avremo terminato, i risultati saranno resi pubblici anche tramite il nostro sito. Tra l’altro c’è anche un’indagine della Procura in corso. Dovete darci il tempo di completare il nostro lavoro» (Leggi qui). Ed aveva aggiunto: «Al momento non c’è ancora alcuna interpretazione su quanto accaduto. I dati da soli non parlano. Bisogna ancora approfondire e c’è bisogno di tempo».
Bene, a distanza di una settimana siamo tornati a contattare sia Ispra che il ministero dell’Ambiente, i quali ancora non si sbilanciano su quanto accaduto. Nel frattempo, però, sono trapelate notizie piuttosto inquietanti – riportate dal collega Gianmario Leone del CorrierediTaranto.it e giunte anche alle nostre orecchie – che farebbero supporre ipotesi di sabotaggio o di errore umano rispetto a quei dati così allarmanti. Di ufficiale, però, non c’è nulla.
Ancora oggi, dall’Ispra ci dicono che “sono in corso analisi e campionamenti, i cui risultati non sono ancora stati formalmente comunicati al ministero dell’Ambiente”. E dal ministero confermano che i risultati dell’indagine condotta dall’Ispra non sarebbero ancora arrivati (almeno così risulta all’ufficio stampa) e che comunque, per sapere qualcosa di più, bisognerà attendere il ritorno a Roma del ministro Gian Luca Galletti, in trasferta a New York, dove oggi, al Palazzo di Vetro dell’Onu, i Paesi firmano l’accordo per il contrasto al surriscaldamento globale. Insomma, per ora tutto sembra essere avvolto dalla nebbia, mentre i cittadini di Taranto attendono delle risposte serie e convincenti su una vicenda che dopo aver generato un grande allarme sembra essere finita nel dimenticatoio.
CASO DIOSSINA: BREVE STORIA
Della vicenda ci eravamo occupati ampiamente a fine febbraio quando alcune associazioni ambientaliste (Peacelink, Verdi) hanno denunciato l’esistenza di questi dati tenuti sotto silenzio per oltre un anno, nonostante fossero già noti all’azienda. Il 27 febbraio avevamo pubblicato anche i contenuti salienti di una relazione di parte, messa a punto dal prof.Maurizio Onofrio (Politecnico di Torino) che riteneva l’Ilva non responsabile di quella diossina finita in quantità così elevate nel deposimetro di via Orsini (leggi qui).
Tesi smentita nel giro di pochi giorni dal direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, che nel corso di una video-conferenza con le sedi dell’agenzia in varie città pugliesi, aveva puntato l’indice contro l’impianto di agglomerazione dell’Ilva (leggi qui). «La concentrazione di diossine ha raggiunto livelli così elevati – aveva detto ai giornalisti – da essere riscontrabili solo nelle polveri di abbattimento di alcuni elettrofiltri dell’impianto di agglomerazione dell’Ilva».
Inoltre, nei giorni seguenti, Assennato aveva prodotto una relazione contenuta in cinque pagine in cui si delineavano tre possibili scenari: quello in linea con la tesi del prof. Onofrio che scagionava il siderurgico; quello che mette in relazione la contaminazione dei deposimetri con le emissioni diffuse delle polveri degli elettrofiltri MEEP, aventi la massima concentrazione di PCDD/F; e infine, lo scenario che considerava l’errore umano e lo scambio del campione del deposimetro di via Orsini.