“Sì, vogliamo iniziare cosi, scusate. Scusate se abbiamo alzato la voce, scusate se ci siamo arrampicati e dormito sui tetti, se abbiamo intralciato e anche bloccato il traffico con i nostri cortei. Se abbiamo riempito i notiziari con le nostre proteste. Se abbiamo dormito, mangiato e vissuto 40 giorni in una chiesa, la nostra chiesa. Se per un po’ i giornali hanno parlato di noi nel bene e nel male. Ma cos’altro avremmo potuto fare?”.
Comincia così una lettera aperta che i lavoratori di Taranto Isolaverde rivolgono ai cittadini della provincia di Taranto, alla vigilia di una giornata che si annuncia estremamente critica perché si gioca la salvezza o meno del loro posto di lavoro. Nella loro lettera, che pubblichiamo integralmente, c’è la disperazione di chi è senza stipendio da un anno e chiama a raccolta la cittadinanza per non vivere in solitudine l’ennesimo dramma occupazionale tarantino.
“Non prendiamo stipendio da un anno, nonostante siamo a tutti gli effetti dipendenti di una società pubblica, nata per stabilizzare lavoratori precari e finita in macerie perché amministrata malamente per favorire clientele politiche – scrivono – una società nata per svolgere tutti i servizi di competenza della Provincia che voi e noi paghiamo e continuiamo a pagare senza averne beneficio alcuno, visto che sono espletati dalla Provincia di Taranto da un anno. Intanto continuiamo a pagare le accise e i contributi provinciali. E’ come pagare la bolletta della luce senza poter usufruire dell’energia elettrica o del gas in casa. Per esempio, continuiamo a pagare un aumento del premio dell’assicurazione auto che avrebbe dovuto favorire Taranto Isolaverde.
Ma i soldi non ci sono. Vengono incassati, ma non ci sono: questo dice la nostra Provincia. Taranto Isolaverde si poteva salvare, per esempio con un una gestione più attenta e oculata delle risorse economiche, espletando il servizio di verifica degli impianti termici che il Comune di Taranto aveva trasferito alla Provincia. Ma tutte le opportunità di salvare tanti posti di lavoro sono state vanificate da burocrazia, incompetenza, pigrizia e, a pensar male, anche dalla furbizia dei nostri politici e amministratori. Avremmo dovuto essere licenziati il 26 novembre 2015. Ma ci fu offerta una speranza.
Se il Governo avesse finanziato il Palazzo degli Uffici con fondi Cis, i fondi accantonati dall’Ente Provincia per questo scopo, con un atto di volontà politica, sarebbero stati svincolati e destinati a far uscire la società dalla liquidazione. Questo avrebbe permesso all’azienda di accedere a fondi regionali destinati alla nostra formazione e riqualificazione, nonché alla formulazione di progetti destinati a dare lavoro a 231 dipendenti e serenità alle loro famiglie. Con questa prospettiva, nonostante otto mensilità non pagate, abbiamo accettato una sospensione non retribuita dal lavoro che non prevedeva neanche il versamento dei contributi previdenziali. Qualunque sacrificio, pur di salvare il posto di lavoro.
Il 5 aprile la presa in carico del restauro del palazzo degli Uffici con i fondi Cis si è finalmente concretizzata, ma la Provincia ha adottato un atteggiamento pretestuoso. Non basta più un impegno da parte del Cis, espresso attraverso il verbale della seduta e che dovrebbe arrivare entro pochissimi giorni. Adesso si richiede anche un trasferimento di risorse economiche che si sapeva già in partenza che non sarebbe arrivato in tempi brevi, sicuramente non nei tempi strettissimi che servono per salvare 231 posti di lavoro.
Al Comune di Taranto, coinvolto nel restauro del Palazzo degli Uffici in maniera ben più impegnativa della Provincia, è bastato quanto è stato detto nel corso della seduta per assumere impegni relativi alla messa in sicurezza del Palazzo e la riparazione del tetto. Invece, la Provincia vuole la “cartuccella”, come la chiama il nostro Presidente. Il parlamentare jonico di maggioranza Ludovico Vico, che con Donatella Duranti si è molto adoperato affinché il Cis assumesse l’onere del restauro, messo al corrente delle difficoltà messe in campo dal presidente della Provincia è intervenuto al tavolo tecnico ed ha fornito un qualificato contributo chiarificatore e a nostro parere dirimente.
I dirigenti della provincia devono assumersi la responsabilità e fare gli atti sulla base di quanto detto nella seduta del 5 aprile. Il verbale della seduta arriverà a giorni e può essere il punto da cui partire per predisporre gli atti per consentire l’uscita di Isolaverde dallo stato di liquidazione. Come promesso dal presidente Tamburano. Solo così la società avrà accesso ai fondi regionali per la formazione e per i progetti. Solo così si salveranno tutti i lavoratori. Usando i soldi che ci sono già e che devono essere svincolati sulla base del verbale del Cis che arriverà a giorni. La nostra domanda ora è: “Chi deve chiedere scusa alla città, oltre noi? Lunedì 11 aprile, alle ore 9, assedio di tutti i lavoratori di Taranto Isolaverde al palazzo della Provincia. Taranto non può perdere altri 231 posti di lavoro. La cittadinanza è invitata a partecipare e a comprendere e tollerare l’ennesimo disagio che si potrebbe creare”.
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