Il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti non prende sponsorizzazioni dalla Total ma mister “X”, che ne fa parte, ha una associazione che i soldi li prende, organizza un evento e il Comitato lo sostiene. Ci sono già i cartelloni con il tre ruote accanto al simbolo della multinazionale del petrolio. Perché no, la manifestazione potrebbe essere proprio il Primo Maggio.
Non osiamo neanche immaginare cosa succederebbe a Taranto. Proviamo a ipotizzarlo: la stampa e alcuni partiti non resisterebbero al gusto di dire “avete visto? Senza i soldi della grande industria non si può fare niente”. Gli artisti non solo non verrebbero più gratis ma, probabilmente, preferirebbero starsene a casa pur di non prestare il fianco a chi inquina e distrugge. Detto ciò scriviamolo a caratteri cubitali: non metteranno mai le mani sul Primo Maggio di Taranto. L’evento continuerà a crescere restando una straordinaria provocazione rivolta ai professionisti del “ma senza i soldi…”. L’unico sponsor saranno sempre le persone.
Il ragionamento per assurdo appena sviscerato, però, ci aiuta a comprendere l’incredibile difesa messa in piedi dalla Curia di Taranto per giustificare il proprio accostamento alla Total, entrambi partner (sponsor, sostenitori, usate la parola che più vi aggrada) del “Mysterium Festival”, promosso dall’Orchestra della Magna Grecia durante la settimana santa. “Non abbiamo preso i soldi, li hanno presi loro”. Possono essere sintetizzate così le parole del Vescovo Santoro.
Una difesa degna di una gag comica, tipo Stanlio e Ollio che si rimpallano la responsabilità di aver mangiato la cioccolata. La cosa che ci lascia davvero senza parole, però, non è tanto l’atteggiamento della Curia. Prevedibile, già visto. Ma quello di chi davvero crede che basti “esternalizzare” l’organizzazione di un evento per giustificare l’accostamento di un simbolo, un marchio, una istituzione, a quello dei petrolieri. Persone che vanno nelle scuole a parlare di inquinamento e che dovrebbero, per prima cosa, educare i giovani a comprendere il ruolo del denaro in questa macchina infernale.
Sembra che a Taranto, con un colpo di spugna, si sia cancellato il recente passato dimenticando cosa erano le sponsorizzazioni e quale fossero le loro finalità. Citano spesso le parole dei giudici, a volte trasformati in veri vessilli, ma “dimenticano” i riferimenti più scomodi che hanno scritto negli atti. Pensiamo ad esempio al processo Ilva, “Ambiente Svenduto”. Perché queste parole, riportate nell’ordinanza del Gip Patrizia Todisco a luglio 2012, per molti sono passate così velocemente di moda? Si legge: “Il complesso delle attività tecniche svolte fa emergere uno spaccato nel quale si vede come l’Ilva utilizzando lo strumento delle “sponsorizzazioni pubblicitarie”, veicoli in maniera più o meno “lecita” delle somme agli organi d’informazione, sia stampa che radio-televisivi, al fine di non essere continuamente avversata”.
Parole che avrebbero dovuto accendere una lucina in chi, come società civile, è chiamato a fare il cane da guardia e non il Chihuahua da compagnia. E invece, troppo spesso, diventano gli sponsor numero uno della stampa che nuotava negli spot dell’Ilva e del vescovo, che se ne lava le mani come Ponzio Pilato (I soldi? Io non c’entro niente, li ha presi Ollio)
Cosa c’è alla base di tutto questo? Difficile dirlo. Noi non crediamo alla malafede (anche se un po’ dobbiamo sforzarci). E’ più probabile che in una città come Taranto, a volte più simile a un paesotto che a una grande città mediterranea, per molti sia difficile tagliare col passato, rompere rapporti consolidati. Alla fine bisogna essere tutti amici per sentirsi meno soli. Tutto ciò, però, non si concilia per niente con la “riconversione mentale” che questo Comitato prova a portare avanti tra tante difficoltà.
La soddisfazione più grande per noi è però un’altra. Non cerchiamo il consenso di chi non ammetterà mai l’errore ma proviamo a costringerli a mutare i comportamenti. In questo caso ci auguriamo che il vescovo si comporti esattamente come nel 2012, quando definì fantasioso il racconto dei rapporti chiesa-Ilva (ben fotografati anche dall’inchiesta che ha portato alla condanna in primo grado di don Marco Gerardo) ma poi annunciò che la chiesa ionica non avrebbe più preso soldi dal siderurgico. Va benissimo monsignore, anche questa volta la parte dei pazzi siamo disposti a farla noi. Lei però dia seguito alla sua scelta di votare al referendum contro le trivelle e alle parole critiche verso il progetto Tempa Rossa: dal prossimo anno non sia più partner di un evento sponsorizzato dalla Total.
Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti
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