Tempa Rossa e altre storie: se questa è una democrazia

TARANTO – In Italia vi è la democrazia. Dovrebbe essere un assioma, una questione scontata, una forma di gestione del potere che ci rassicura e che ci rende liberi, con gli stessi diritti, indipendentemente dal grado di istruzione o dalla ricchezza personale e con la consapevolezza, attraverso il voto, di indirizzare le scelte di chi ci amministra. Qualcuno comincia a temere che la volontà popolare sia, negli ultimi anni, un optional non essenziale per far girare il motore del nostro Paese.

Pensiamo, per esempio, al referendum del ’93 sul finanziamento pubblico ai partiti che tagliava i fondi a questi ultimi, oppure al referendum sull’acqua bene pubblico che nel 2011 sancì che la gestione delle reti idriche non poteva essere privatizzata. Furono scelte importanti, volute dal 77% degli italiani aventi diritto al voto, nel primo caso, e dal 54% nel secondo caso. Scelte che sono state disattese, tradite e rese inefficaci in entrambi i casi dai governi, con escamotage degni di un bravo azzecca-garbugli.

Ma pensiamo anche alle varie scelte strategiche per il nostro Paese come il passaggio all’euro, le riforme delle pensioni e del lavoro, gli interventi militari in vari scenari di guerra: in nessuno di questi casi si è tenuto conto del volere popolare. Le scelte sono state fatte esclusivamente dai governi e, in qualche caso, con lo strumento del voto di fiducia. Certo, qualcuno potrebbe dire, i governi e il parlamento sono espressione del voto popolare, ci rappresentano e ciò sarebbe sacrosanto se non fosse che gli ultimi governi sono frutto di rimescolamenti, cambi di casacca, nascita di partiti che non esistevano al momento del voto.

Maggioranze trasversali, accordi di programma, voti segreti, inciuci e quant’altro la fantasia parlamentare ha espresso in questi ultimi anni sono serviti a far governare persino chi le elezioni le aveva perse e a far approvare leggi che, diversamente, non sarebbero mai entrate in vigore. La democrazia poi ha i suoi equilibri di potere e perciò quello legislativo, esecutivo e giudiziario sono pressoché separati ed autonomi, in modo da evitare che uno prevalga sull’altro, proprio per garantire i princìpi della democrazia. E questo equilibrio, ultimamente, vacilla.

La quasi totalità delle leggi è stata fatta per decreto del Presidente del Consiglio e convertita in legge dal Parlamento quasi sempre ponendo la questione di fiducia che bypassa, di fatto, la normale discussione nelle Camere. Ma venendo alla cose che riguardano Taranto, l’impressione che ne viene è che lo Stato qui spadroneggi del tutto. I nove (o dieci? Difficile tenere il conto) decreti salva Ilva hanno addirittura scavalcato, o quanto meno depotenziato, la volontà dei giudici e malgrado la Consulta abbia dichiarato legittimi i provvedimenti di legge, il dubbio su una interferenza tra poteri dello Stato resta.

Tutto ciò non rappresenta un vulnus alla democrazia? E che dire della questione salute che la Costituzione pone come bene da difendere prima di ogni cosa e che a Taranto non può, per decreto, incidere su scelte strategiche ed operative quand’anche queste provocassero ad essa un effetto negativo. E poi la questione di queste ore: Tempa Rossa. Di fronte ad un parere negativo del Comune sulla realizzazione delle infrastrutture necessarie per portare a Taranto il petrolio della Basilicata, ecco che il Governo, in una notte di dicembre, decide, per decreto, di scavalcare il volere dell’amministrazione locale. Le intercettazioni sono disponibili e non è il caso di commentarle, ognuno potrà ricavarne il proprio giudizio. Di certo, l’impressione è che di fronte a scelte strategiche, a pressione di lobby, ad interessi economici, la democrazia si faccia piccola piccola, e l’indignazione di tanti cittadini aumenta.

Giuseppe Aralla

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