TARANTO – Ci troviamo nell’ex convento di San Domenico, costruito nel XIV secolo d.C., ora sede della Soprintendenza ai Beni archeologici di Puglia. Non è una scelta casuale. Siamo nel centro di un bellissimo chiostro insieme a Domenico Campagna e Simona Anna Gentile, autori di una performance artistica che ha un obiettivo preciso: rivendicare la permanenza della Soprintendenza a Taranto. Com’è noto, la riforma voluta dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini prevede l’accorpamento della “Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio” delle province di Brindisi, Lecce e Taranto, in un’unica sede nel capoluogo salentino. Una vera beffa per la città ionica e per la sua storia.
Una storia di cui bisognerebbe andare fieri, anche alla luce di quanto ci racconta Campagna, artista tarantino protagonista di installazioni itineranti. Innanzitutto, sull’acropoli dell’Isola misero piede i primi coloni spartani, nel 706 a.C., con insediamenti abitativi, politici e votivi, come il tempio di Poseidone, di cui sono rimaste le colonne doriche di piazza Castello. Lo stesso chiostro di San Domenico poggia su fondamenta di un tempio risalente al VI secolo a.C., così come testimoniano i reperti visibili. Un luogo che andrebbe valorizzato al meglio fornendo ai turisti il massimo delle informazioni possibili su quanto di prezioso viene custodito. Eppure, per una coppia di turisti tedeschi in esplorazione nell’ex convento non è stato facile reperire informazioni. Non ci sembra un problema da poco per una città che dovrebbe giocare al meglio le sue carte in ambito culturale e turistico.
Oggi, però, il chiostro di San Domenico fornisce anche altro: un’installazione denominata “Il punto e il cerchio” che prende forma solo per poche ore in una mattinata piena di luce. Il punto è il centro da dove nasce la storia di Taranto: Taras la città spartana. Il punto è volutamente nero per significare l’opposizione alla decisione politica di spostare la Soprintendenza a Lecce. «Rivendichiamo, come città, una posizione di direzione archeologica qui a Taranto – sottolinea l’artista – il cerchio, invece, è l’estensione spaziale del punto. Un cerchio di colori che evoca la bellezza di uno scenario dinamico che si allarga al chiostro e spazia anche oltre». Una bellezza spesso ignorata dagli stessi tarantini. Eppure, per scoprirla basterebbe aprire gli occhi e la mente.